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35 anni fa iniziava l’agonia di Alfredino Rampi il bambino caduto nel pozzo

Trentacinque anni fa iniziava lʼagonia di Alfredino Rampi, il bambino di 6 anni che precipitò in un pozzo
Alle sette della sera del 10 giugno 1981 il piccolo finisce in un pozzo artesiano a Vermicino: grazie alla prima diretta non stop della tv un intero Paese si unì nella speranza e nel dolore.
Sono le 19 del 10 giugno 1981, trentacinque anni fa, quando il padre di Alfredino Rampi, allarmato dall’assenza del figlio, chiama la polizia. Da quel momento inizia un’agonia che durerà per 60 ore. Gli agenti, arrivati sul posto, si rendono subito conto della situazione: le urla del bambino di 6 anni provengono da un’apertura circolare del terreno, con un diametro di appena 30 centimetri.
Giungono subito sul posto i Vigili del Fuoco, che cercano di tenere sveglio il bambino, ma con il passare delle ore ci si rende conto che liberarlo è tutt’altro che facile, visto che i tradizionali mezzi di salvataggio si rivelano inutili. Sul posto tecnici e speleologici, ma senza alcun esito. Allora si domanda l’aiuto di contorsionisti, nani, circensi, fantini: il risultato non cambia, tutti falliscono, risalendo in superficie con ferite, escoriazioni, ma a mani vuote.
La vicenda, grazie alla televisione, entra prepotentemente nelle case degli italiani diventando un vero caso mediatico: la sera del 12 giugno 28 milioni di telespettatori restano incollati al video a seguire la tragedia del bimbo, le cui grida sono amplificate da un microfono calato giù nel cunicolo. Tra i tanti tentativi di salvare Alfredino Rampi, quello del 37enne Angelo Licheri che, complice il suo fisico minuto, si impegna a calarsi nel pozzo artesiano per tutti e 60 i metri (ormai Alfredino aveva raggiunto questa profondità) di distanza dal bambino. Ci va vicinissimo, ma alla fine fallisce e riemerge dopo 45 minuti passati a testa in giù (25 sono considerati il limite massimo) scoppiando poi in un pianto disperato.
Intanto giungono a Vermicino decine e decine di persone, compreso il presidente della Repubblica Pertini, che tenta di rincuorare personalmente il bimbo, incitandolo a resistere.
La situazione peggiora di ora in ora e ogni tentativo di salvataggio si spegne. Il fango all’interno del cunicolo, il terreno duro da penetrare, la confusione, l’impreparazione, la sfortuna, la fretta, tutto contribuisce a decretare la sconfitta.
La mattina del 13 giugno l’Italia si arrende al fallimento: dopo 60 ore di agonia, trasmessa in diretta a reti unificate, l’annuncio è del conduttore del Tg1 Massimo Valentini. In lacrime il giornalista comunica che il corpo di Alfredino è scivolato giù, sprofondando per 26 metri in fondo a quel pozzo.

« Volevamo vedere un fatto di vita, e abbiamo visto un fatto di morte. Ci siamo arresi, abbiamo continuato fino all’ultimo. Ci domanderemo a lungo prossimamente a cosa è servito tutto questo, che cosa abbiamo voluto dimenticare, che cosa ci dovremmo ricordare, che cosa dovremo amare, che cosa dobbiamo odiare. È stata la registrazione di una sconfitta, purtroppo: 60 ore di lotta invano per Alfredo Rampi. (Giancarlo Santalmassi durante l’edizione straordinaria del Tg2 del 13 giugno 1981)

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