L’11 marzo del 2020 l’OMS dichiarava il Covid una pandemia. E mentre oggi il mondo fa ogni sforzo possibile per gettarsi alle spalle la fase acuta di questo disastro, la rivista scientifica Lancet ci ricorda che almeno 65 milioni di persone convivono con il ‘Long Covid’, una condizione multisistemica debilitante che devasta la qualità di vita di molti, per mesi o anni. Il Long Covid è molto democratico, è colpisce sia grandi che piccoli, forse addirittura il 10-20% di chi ha superato un’infezione da SARS CoV-2, anche di grado lieve. E per tenere ben in vista il problema, un movimento lanciato da Angela Laffin, paziente con Long Covid della prima ondata, ha deciso di istituire per il 15 marzo, il Long Covid Awareness Day (Giornata internazionale della consapevolezza sul Long Covid). La Giornata viaggerà sui social con gli hashtag #LongCovidAwarenessDay e #LongCovid che accompagneranno immagini di attività che le persone con Long Covid non riescono più a svolgere. Il simbolo della giornata, disegnato da Tracey Thomson, è un ‘fiocchetto’ a tre colori: grigio come la tristezza della pandemia, nero della solitudine e verde acqua a simboleggiare la speranza.
Le cause del Long Covid non sono note, ma ricercatori di tutto il mondo sono impegnati a far luce su questa misteriosa condizione. Anche l’1% circa dei bambini riduci da un’infezione da SARS CoV-2 sviluppa segni e sintomi, riconducibili al quadro del Long Covid. Fino a poche settimane fa però l’OMS aveva messo a punto una definizione ufficiale di long Covid solo per gli adulti. “E la mancanza di una definizione pediatrica – ricorda il dottor Danilo Buonsenso, dirigente medico presso la UOC di Pediatria della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, docente di Pediatria all’Università Cattolica ed esperto mondiale riconosciuto di Long Covid pediatrico – ovviamente creava tutta una serie di limitazioni per il riconoscimento della malattia in questa fascia d’età, ma anche in ambito di ricerca per la standardizzazione dei lavori, le classificazioni, ecc. Per questo motivo – prosegue Buonsenso – l’OMS qualche mese fa ha organizzato un tavolo di ricerca che ha coinvolto esperti nella gestione del Long Covid da tutto il mondo, oltre a genitori e pazienti stessi, per sviluppare un processo attraverso il quale si è arrivati alla definizione di Long Covid pediatrico, che è stata pubblicata lo scorso febbraio sul portale dell’OMS. Anche noi del Gemelli siamo stati coinvolti in questo tavolo di lavoro essendo stati il primo centro al mondo a segnalare l’esistenza del Long Covid in età pediatrica e a pubblicare le prime evidenze di una certa rilevanza sul tema”.
La definizione dell’OMS. Si parla di long Covid in età pediatrica quando bambini, sani prima del Covid, sviluppano segni e sintomi persistenti per almeno 2 mesi dopo l’infezione, legati a problematiche di salute nuove, non spiegabili da altre diagnosi. Questi sintomi comprendono astenia cronica, facile affaticabilità, problemi cognitivi, vuoti di memoria, dolori muscolo-scheletrici, problematiche cardiache (dolori toracici, alterazioni del ritmo cardiaco, miopericarditi, ecc) e soprattutto una scarsissima tolleranza a sforzi anche lievi. “Vediamo ragazzi che praticavano sport più volte al giorno e che dopo il Covid presentano una facile affaticabilità, anche solo facendo un piano di scale. Ad oggi – ammette il dottor Buonsenso – non abbiamo una terapia perché non sappiamo ancora come mai alcuni pazienti sviluppino il Long Covid. Ma il nostro e altri gruppi stanno lavorando allo studio di nuovi biomarcatori di Long Covid. Dai dati preliminari al riguardo siamo abbastanza ottimisti; nei prossimi mesi riusciremo a capire meglio perché alcuni pazienti sviluppano il long Covid e altri no. Al momento non c’è ovviamente una terapia specifica quindi offriamo trattamenti personalizzati in base alle problematiche principali riscontrate, paziente per paziente. Nei bambini con cefalee croniche si attivano i percorsi terapeutici tipici delle cefalee croniche in età pediatrica; per quelli con alterazioni del ritmo cardiaco, è prevista la somministrazione di farmaci anti-aritmici; per quelli con miocardite cronica o vascolari, la terapia antiaggregante o anticoagulante. Sono infine allo studio alcune terapie per l’astenia”.
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