La sonda Keplero conferma quanto l’uomo va intuendo da sempre, ovvero quello che essere soli nell’universo non può essere e non è un privilegio. Insomma, non soltanto è estremamente possibile probabile che qualcuno lassù ci ami o ci odi, ma addirittura che ci siano nostri progenitori o parenti. Forse, oltre ai raffinati strumenti astronomici della sonda, valgono, gli accordi ed i messaggi melodici che l’uomo continua ad inviare sa sempre verso il firmamento. Keplero, nel suo Harmonices Mundi descrive un Universo guidato da regole musicali. Una lunga dissertazione sulla geometria, in particolare i poligoni e i poliedri regolari (che chiamiamo anche “solidi platonici”), in connessione con la musica, il moto dei pianeti, l’armonia delle sfere (introdotta da Pitagora, un altro grande matematico e filosofo dell’antichità che ricordiamo sia per un teorema che per aver cercato di descrivere tutta la natura in termini di numeri), intesa come risonanza tra le orbite dei pianeti, o come musica legata alle velocità angolari dei pianeti lungo la loro orbita.
La “musica dei pianeti” secondo Keplero, ricostruita sulla base dei parametri delle orbite. La “musica dei pianeti” secondo Keplero, ricostruita sulla base dei parametri delle orbite. Nel XVIII secolo, quando iniziava la prima rivoluzione industriale, si apriva un nuovo capitolo di questa “storia d’amore” tra astronomia e musica. Johann Daniel Titius e Johann Elert Bode, tra gli anni Sessanta e Settanta del Settecento, osservarono che i semiassi maggiori delle orbite dei pianeti seguivano una legge numerica.
Ruggero Alcanterini