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Zingarate

Qualche anno fa , esplorando le strade intorno ad un Centro Ospedaliero d’eccellenza, quello retto dai Cavalieri di Malta alla Magliana Vecchia, vittima della mia curiosità, finii in una sorta di budello dell’orrore, una strada, via Candoni, con tanto di fermata di autobus, ma a fondo cieco, chiuso dall’ingresso di un grande autoparco dell’ACOTRAL… I lati o se volete le pareti di quel vicolo erano tappezzate da migliaia di rottami, esposti come perle tra il lerciume, reperti eloquenti del saccheggio dei cassonetti, brutale sfacciata esposizione del meglio del peggio, in offerta a improbabili possibili acquirenti, una sorta di sfida e di invito a varcare la soglia dell’inferno, in cui vivono da sempre migliaia di persone che sono orgogliosamente connotate dalla propria etnia, di cui la trasgressione delle leggi convenzionali può essere considerata la chiave interpretativa essenziale. Non vi nascondo che sul calare della sera, in assenza apparente di umani, nel silenzio inquietante di quel recesso cittadino a poche decine di metri dalla normalità, quel flash a sorpresa per me fu rivelatore di uno stato patologico, quello che poi apparve ed è divenuto sempre più evidente, sino al limite del non ritorno, di una catastrofe socio-ambientale da degrado del sistema. Insomma, l‘aver tollerato o colpevolmente ignorato fenomeni gravi e invasivi, terzomondisti, l’aver lasciato andare il controllo territoriale di una parte delle nostre città, quindi non solo della Capitale di quel che chiamiamo ancora Bel Paese, ha indotto nel tempo la collettività a pensare di essere affetta da mali incurabili ma tollerabili, per cui l’abbandono all’incuria e all’inselvatichimento, la spoliazione dei sistemi elettrici e dei tombini per cavare rame e ghisa, l’inquinamento da combustione, il pattume fuori dai cassonetti, le aggressioni, i furti, i borseggi e le intimidazioni, l’insicurezza sulle ciclabili, la diserzione dalle sponde di fiumi e canali, si sono via via accompagnati alle buche, alla rarefazione delle corse di mezzi pubblici e del presidio di polizia urbana, all’abbandono di impianti sportivi e stazioni ferroviarie non soltanto minori, alla vandalizzazione e al saccheggio di immobili sequestrati alla malavita, ma non tutelati dalla custodia pubblica, alla occupazione incontrollata di stabili e strutture industriali in disuso, al pericolo da amianto in scuole e ospedali in attesa di bonifica … Insomma, come si suole dire, al peggio non c’è mai fine e se non vogliamo rinunciare all’idea di porre rimedio, non possiamo che fare un ragionamento logico intorno ai principi ispiratori di uno stato moderno, di una società civile che deve migliorare il livello complessivo della propria qualità di vita, senza lasciare indietro nessuno, ma soprattutto senza peccare d’ipocrisia. Capisco che governare è difficile e che occorre molto coraggio, ma se qualcuno pensa di poterlo fare in difetto di questi requisiti, credo sia meglio che cambi mestiere o ruolo. Questa è quota parte della percezione negativa che ha portato l’immaginario collettivo a orientare il consenso in modo diverso dal passato e questo è il motivo per cui ogni decurtazione agli investimenti necessari per far funzionare l’essenzialità del sistema equivale al suicidio. Dunque, reddito o non reddito di inclusione o cittadinanza, ecco perché la maggior parte della gente finisce per preferire le zingarate dei dilettanti della politica al masochismo dei professionisti legulei, chiusi nelle DG comunitarie in quel di Bruxelles.

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