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Un premier poco “british”. Si conclude, per la verità in modo poco glorioso, l’avventura di Boris Johnson come premier del Regno Unito. Il che non significa, ovviamente, che sia conclusa anche la sua carriera politica tout court. Come in Italia, anche in Inghilterra le resurrezioni politiche avvengono.

Johnson ha indubbiamente uno stile assai poco british, per quanto il suo eloquio sia forbito ed abbia ricevuto un’istruzione classica nelle migliori istituzioni educative del Regno, tra le quali il prestigioso “Balliol College” di Oxford.

A cominciare dall’abbigliamento e dalla capigliatura, sembra a volte più un clown che il primo ministro in carica. Anche rammentando che era a capo del partito conservatore, la più tradizionalista delle formazioni politiche inglesi.

Ha comunque un alto concetto di sé stesso, tant’è vero che ha avuto l’ardire di paragonarsi a Winston Churchill, figura carismatica che guidò il Regno Unito nella guerra contro il nazismo, vincendola.

Naturalmente molti gli fecero subito notare che il paragone era quanto meno azzardato, ma il premier dimissionario non si è mai fatto impressionare dalle opinioni altrui e ha sempre tirato dritto per la sua strada.

Anche in politica estera si è fatto notare per le sue posizioni forti. E’ stato infatti uno dei maggiori fornitori di armi avanzate agli ucraini dopo l’invasione russa, mentre in Asia non ha esitato a sfidare i cinesi inviando navi della Royal Navy in acque che, pur essendo internazionali, Pechino considera sue.

Il coraggio, insomma, non gli manca, ed anche per questo i conservatori lo indicarono come leader. I comportamenti privati, però, spesso sono stati tutt’altro che irreprensibili. Basti citare il party offerto agli amici dopo che aveva invitato la popolazione a rispettare le norme anti-covid.

Proprio lui, tra l’altro, che era stato colpito dal virus in modo grave, finendo nel reparto di terapia intensiva di un ospedale londinese. Quasi un comportamento da bullo, che cittadini e colleghi di partito non gli hanno perdonato.

Si tratta ora di capire chi gli succederà alla guida del governo e del partito, ed è una fortuna per i conservatori che in questo periodo i laburisti siano piuttosto deboli.

Il Paese, negli ultimi decenni, è molto cambiato, e non soltanto a causa della Brexit. E’ diventato sempre più multietnico e multiculturale. Dall’ex impero britannico sono giunte molte persone che hanno poi avuto successo.

Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, è di origini pakistane, mentre per la successione di Johnson si parla con insistenza di Nadhim Zahawi, Cancelliere dello Scacchiere che è un profugo curdo.

La vecchia Inghilterra non esiste più, e l’unico baluardo vero è la regina Elisabetta II, che ha 96 anni. Il nuovo premier dovrà affrontare molte sfide. Come posizionarsi, per esempio, nella guerra tra Russia e Ucraina, e quale rapporto intrattenere con l’Unione Europea, che Londra non può certo ignorare.

Ma dovrà anche affrontare la spinta indipendentista degli scozzesi e i problemi dell’Ulster dopo la Brexit. Per questo è probabile che i conservatori scelgano un premier meno vistoso – ma più concreto – di Boris Johnson.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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