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Sport e integrazione, giorno dopo giorno l’avventura

Ieri, nel Circolo del Tennis, al Foro Italico, con l’apoteosi del fair play in chiave scolastica, una sorta di prova tecnica di trasmissione a futura memoria per una auspicata riforma che introduca realmente l’attività motoria e i valori etici dello sport in tutte le nostre scuole primarie, si è realizzata un’altra stazione della storia non infinita, ma direi lunga e variegata di mie ed altrui condivisioni, appunto attraverso il caleidoscopio dello sport. Si trattava di una ulteriore tessera del mosaico in costruzione, di quella Tela di Penelope che sapientemente e pazientemente sempre più le donne vanno realizzando sul tema dell’integrazione e dell’inclusione. Adesso è il nuovo Settore della Responsabilità Sociale a sintonizzare il CONI con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, a mettere insieme il Presidente del CONI, Malagò, e il Ministro di competenza, Poletti, sul progetto “Fratelli di Sport”, come sessant’anni fa Onesti con Andreotti per vincere le resistenze ostative ai Giochi della XVII Olimpiade nella Capitale . Il punto è sempre lo stesso, ovvero quello di confermare ed aumentare la sinergia naturale e formale che lega per delega il CONI al Governo del Paese in tema di sport e ieri Poletti ha rivelato con toni nostalgici i suoi trascorsi da arbitro nella pallamano, mentre Malagò ancora una volta volava con il pensiero alla metafora dello sport nelle marginalità sociali, ricordando la storia di Mennea e della sua rinnovata pista in quel di Barletta. In definitiva nessuno nega l’evidenza salvifica di un movimento sportivo in chiave educativa e sociale, della ovvietà di una formula che appare magica se stampata sul petto di bambine e bambini minori di dieci anni, ma poi, quando si sciolgono le file, finita la festa, rimane il cerino della necessaria radicale azione di riforma, in attesa di una mano coraggiosa che lo raccolga. La storia inesorabile si ripete e perché si capisca meglio il concetto vi voglio proporre proprio qualcosa che avevo scritto giusto tre anni fa e che riguardava proprio la metafora di Mennea:

(29 novembre 2014) “Oggi al Nuovo Cinema Aquila, a Roma, hanno proiettato “Mennea segreto” . Disvelare il “vero” Pietro penso sia opera ardua, meritoria e necessaria per trovare una giusta chiave di lettura della nostra storia sociale, riferita alla seconda metà del Novecento. Io Pietro l’ho conosciuto bene e qualche vecchio collega del consiglio FIDAL si ricorda di quanto fosse per me complicato spiegare agli increduli l’esistenza del fenomeno Mennea… Pietro non scaturì come un astro nascente dai Giochi della Gioventù e nemmeno dai centri di avviamento federali. Tanto meno fu capito e assistito tecnicamente nei momenti travagliati della sua iniziazione atletica, nonostante le palesi qualità potenziali … Pietro simboleggiava e ancora rappresenta il miracolo possibile di una combinazione straordinaria tra meriti e bisogni, sino al trionfo della rabbia fatta sacrifico, volontà e determinazione, oltre il traguardo sportivo. Quella di Mennea è stata la storia esemplificativa di quel volontariato sportivo di cui non ci dobbiamo mai dimenticare e di cui bisogna tornare a parlare con forza. Voglio ricordare il prof. Vito Lattanzio e il medico Nicola Oberdan La Forgia, che si occuparono responsabilmente di lui dal 1967-1968; della sua gara “mirata” sui 300 al Trofeo Bravin nel 1969, all’Acquacetosa, nella speranza di essere apprezzato da uno “scettico” Carlo Vittori; della sua esclusione dalla staffetta azzurra sino agli Europei di Helsinki, nel 1971, quando lo stesso Nebiolo prese atto del suo necessario ineludibile apporto e ne impose l’inserimento… In poco tempo, lo tsunami Mennea determinò la costruzione della pista allo Stadio di Barletta e nel meeting precedente i Giochi Olimpici di Monaco, il 21 luglio 1972, il pubblico straripante ne buttò giù il muro di cinta, mentre lui, con 15″1 , batteva il record del mondo dei 150m. In quella circostanza, Il Corriere dello Sport e l’AICS gli dedicarono il convegno “Sport, servizio sociale nel Mezzogiorno”. In quella occasione, il direttore del Corriere, Mario Gismondi, affermava: “Mennea è importante non tanto per quello che ha fatto, ma per quello che ha fatto fare!”

roma 2911 2017 sport ed integrazione foto di Ferdinando Mezzelani gmt
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