Tira aria di cupa tempesta, ormai sappiamo che, salvo l’alta velocità , che unisce l’Italia da Napoli a Milano, incendi no tav e furti di cavi a parte, il Paese è a rischio ed è in paziente attesa che tutto il restante delle linee ferroviarie venga adeguato agli standard base della sicurezza.
In queste condizioni, parlare di errori umani è scontato, posto che manca la possibilità alternativa, quella tecnologica o strutturale, che eviti i passaggi a livello a raso spesso incostuditi, come molte piccole stazioni regno di portoghesi e sbandati, piuttosto che materiale rotabile fatiscente, inferno per milioni di pendolari costretti a servirsene. La giustizia finisce dunque per occuparsi dei protagonisti dell’effetto, sollevando di fatto i responsabili della causa.
Quanti e quali sono coloro che hanno eluso i doveri di ammodernamento da un secolo e mezzo a questa parte, dai tempi della prima tratta “Napoli – Portici” in poi? Paradossalmente il Sud ha adottato per primo l’alternativa della viabilità su ferro ed ora si trova ad essere ultimo. Al riguardo, va ricordato che i “ricostruttori” del Bel Paese, dopo la Seconda Guerra Mondiale e la spaventosa catastrofe in galleria a Balvano, in cui perirono per soffocamento circa seicento disperati aggrappati ad un treno merci troppo lungo e troppo pesante, scelsero l’opzione autostrade, senza fare i conti con la complicata orografia dell’italico stivale, della forzata separatezza di Sicilia e Sardegna e non ultima con l’alea perversa di un controllo del territorio alternativo allo Stato da parte della mafia. Questo è il tempo della riparazione, senza appello e penso che se ne sia tutti consapevoli…