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Quando prendersi cura diventa accoglienza: ambulatori nelle tendostrutture per i senza dimora a Roma

Roma, iniziativa dell’Asl: ambulatori in tendostrutture per curare i senza dimora della città

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Quando prendersi cura diventa accoglienza: ambulatori nelle tendostrutture per i senza dimora a Roma – lecodellitorale

Hai mai pensato a cosa significhi sentirsi accolti davvero? Non parliamo solo di un tetto sopra la testa o di un pasto caldo. A volte, l’accoglienza si manifesta nel gesto semplice di un medico che ti ascolta, di un’infermiera che ti visita con rispetto. È quello che sta accadendo in alcune tendostrutture per senza dimora a Roma, dove da pochi giorni sono attivi piccoli ambulatori medici grazie a una collaborazione tra Roma Capitale e la Asl Roma 1.

Negli spazi realizzati in occasione del Giubileo – e già punto di riferimento per circa 250 persone senza fissa dimora – si è aggiunto un tassello importante: l’assistenza sanitaria. Parliamo di screening, controlli di base, monitoraggi costanti. Un’azione concreta che non solo cura, ma restituisce dignità. Come ha raccontato un ospite della tensostruttura di via delle Fornaci, con una frase che vale più di mille dati: “È stata una festa più che una visita medica, grazie!”.

Dove sono attivi i nuovi ambulatori e come funzionano

Il progetto è partito da tre aree chiave della città: Ostiense, San Pietro e San Lorenzo. A breve, i servizi saranno estesi anche alla tensostruttura di Tiburtina. Si inizia con una visita generale, uno screening semplice ma fondamentale, per poi programmare incontri periodici secondo i bisogni di ciascuno.

Ogni ospite viene segnalato dagli operatori sociali presenti nelle strutture, che conoscono bene le condizioni e le storie delle persone accolte. I medici e infermieri della Asl, in servizio anche durante l’orario lavorativo, ascoltano, visitano e definiscono un piano sanitario personalizzato. Non si tratta solo di gestire l’urgenza, ma di costruire un percorso che possa aiutare davvero, nel lungo periodo.

Il sindaco Roberto Gualtieri ha definito questa iniziativa “un modello di accoglienza intelligente”, sottolineando come, nel contesto del Giubileo, ci sia bisogno anche di scelte concrete come questa. L’assessora Barbara Funari ha parlato di “un’integrazione importante ai servizi già esistenti” – che comprendono pasti caldi, docce, supporto psicologico e orientamento al lavoro – e ha ringraziato pubblicamente il personale sanitario coinvolto per la “umanità e la sensibilità” dimostrate sin dalle prime visite.

Un nuovo modo di pensare l’accoglienza?

In un’epoca in cui spesso l’assistenza sembra fatta di muri e distanze, questa iniziativa prova a ribaltare lo schema: la cura come primo passo per riavvicinare le persone a una vita dignitosa. E lo fa in modo silenzioso ma concreto, attraverso la collaborazione tra istituzioni, professionisti e comunità. L’obiettivo non è solo rispondere ai bisogni sanitari, ma creare un contesto in cui chi è rimasto indietro possa iniziare a sentirsi di nuovo parte del mondo.

Una visita medica, in questo caso, non è solo un controllo. È un’occasione per essere visti, ascoltati, riconosciuti. E forse è proprio da qui che bisognerebbe ripartire. Da uno sguardo, da un “come stai?” che non sia di circostanza. Forse è questo il vero senso del Giubileo: mettere al centro chi è ai margini, e farlo con gesti concreti, come una mano tesa dentro una tendostruttura. Ti sei mai chiesto quanto può valere, per qualcuno, essere visitato e chiamato per nome?

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