La mattinata di oggi ha visto un bambino di Ardea protagonista indiscusso della celebre trasmissione televisiva Uno Mattina della Rai. Gabriel, 6 anni, bambino tetraplegico a causa di paralisi cerebrale, è andato sul grande schermo dopo aver commosso l’Italia grazie ad una lettera fatta di simboli indirizzata a Papa Francesco scritta nel suo reparto riabilitativo S.Lucia che proprio oggi celebrava il XXV Anniversario del riconoscimento di Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), conferito dal Ministero della Salute nel 1992
PER SCRIVERE AL PAPA IL PICCOLO GABRIEL HA SCELTO I SIMBOLI GRAFICI CON LO SGUARDO E LA MIMICA FACCIALE
«Caro papa francesco il mio nome è Gabriel, sono un bambino di quasi 6 anni, ti ho conosciuto tanto tempo fa e questa è la foto. Io non posso camminare nè parlare e per questo faccio la terapia al Santa Lucia. Mi piacerebbe tanto conoscerti meglio e farti conoscere i miei amici che fanno la terapia insieme a me, vieni a trovarci ? Io so che nelle tue preghiere ti ricordi sempre di noi e anche noi preghiamo sempre per te ! Ti voglio bene! Un grande abbraccio affettuoso». Questa la lettera che il piccolo Gabriel aveva scritto al Pontefice. E così Papa Francesco a sorpresa, pochi giorni fa, ha raccolto il suo messaggio andando a trovarlo al reparto della sua fondazione.
A SPIEGARE QUESTA BELLISSIMA STORIA IL DOTTOR STEFANO PAOLUCCI
«Il bambino ha una disabilità molto grave – ha dichiarato il dottor Stefano Paolucci, neurologo, direttore della linea di ricerca in neuroriabilitazione cognitiva e motoria della Fondazione Santa Lucia di Roma – ha problemi motori e di linguaggio e nonostante tutto è riuscito a comunicare con il Papa tramite una metodica particolare, una comunicazione alternativa aumentativa in cui riesce a stabilire mediante dei dispositivi un canale di comunicazione efficace che ha permesso al bambino di scrivere al Papa. Il Papa ha raccolto il messaggio ed è venuto a trovarlo la settimana scorsa in maniera improvvisata senza fare clamori. Il Pontefice è entrato all’ospedale, ha vissuto i bambini e le loro problematiche parlando con i familiari. Si è intrattenuto con i malati entrando nei reparti di degenza, ha lasciato un’emozione incredibile».
L’INTERVENTO DELLA DOTTORESSA DANIELA MORELLI
«Il risultato di Gabriel è stato raggiunto attraverso la comunicazione alternatica aumentativa – ha spiegato la dottoressa Daniela Morelli, responsabile della neuroriabilitazione infantile – Gabriel è un bambino intelligente, era necessario far venir fuori la sua intelligenza e lo abbiamo fatto tramite la comunicazione aumentativa che consiste nell’amplificare tutti i segnali comunicativi che il bambino ha, in questo caso lo sguardo e la mimica facciale, e implementarla con l’uso di simboli e immagini. E in questo modo che Gabriel ha scelto le immagini della lettera inviata al Papa. Ma Gabriel può anche scegliere cosa mettersi addosso, cosa mangiare e quale amico frequentare. Questo per noi è molto importante perchè Gabriel sviluppa e matura. Il bambino non rimane piccolo, si evolve come i suoi coetanei. Questa tecnica noi la utilizziamo subito, è patrimonio culturale del nostro reparto, i risultati ci dicono che aumenta la partecipazione e l’integrazione e non ostacola lo sviluppo del linguaggio. Tutti i nostri bambini sono esposti alla comunicazione aumentativa, poi nei bambini che hanno difficoltà a strutturare un linguaggio si sviluppa un lavoro specifico insieme con la loro famiglia e con l’ambiente di vita compresa la scuola perchè la comunicazione aumentativa diventa efficace quando è patrimonio comune dell’ambiente e utilizzata da tutti i membri. Il bambino non sente di parlare una lingua che utilizza solo lui».
L’INTERVENTO DELLA DOTTORESSA DONATELLA MATTIA
«La comunicazione alternativa aumentativa è utile anche ai pazienti adulti – riferisce la dottoressa Donatella Mattia, responsabile del servizio ausilioteca riabilitazione assistita – è utile in tutti quei casi in cui la persona ha perso o sta perdendo la capacità di produrre linguaggio parlato o scritto in sostanza la capacità di comunicare e interagire con l’ambiente esterno. Questo avviene con alcune malattie, traumi cranici, ictus e morbo di parkinson. In tutti questi casi la comunicazione si serve della tecnologia dell’informazione per potenziare o facilitare un canale di comunicazione per la persona. Il processo si base sulla verifica delle abilità residue della persona. Per il successo è fondamentale il supporto familiare perchè il supporto della tecnologia deve poter favorire e permettere in alcuni casi la comunicazione non solo nel momento riabilitativo ma nell’ambiente di vita della persona, casa, scuola, lavoro».
LE CONCLUSIONI DEL DOTTOR STEFANO PAOLUCCI
«Il processo di riabilitazione è un processo complesso – conclude il neurologo – non è rivolto soltanto al trattamento della parte motoria che è quella più nota e più famosa, ma è legato anche al trattamento delle problematiche cognitiva del linguaggio, dei problemi spaziali, dei problemi della deglutizione. La riabilitazione è apprendimento, e necessita di tutta una serie di fattori tra cui la partecipazione del paziente stesso. L’ospedale di riabilitazione gestisce il rapporto del paziente con la sua malattia per cui la parte di umanizzazione del problema è un punto assolutamente centrale. Se il paziente va in depressione o in crisi la riabilitazione funziona molto meno. Lo sport terapia è uno dei punti centrali del Santa Lucia. La fondazione negli anni ha utilizzato lo sport per favorire l’integrazione dei pazienti in vari sport. Se andiamo a vedere le bacheche il Santa Lucia Basket può esser considerato il Real Madrid dello sport a squadre. La complessità dei pazienti è sempre più grave, c’è una minore mortalità nella fase acuta, c’è una minore gestione a livello di ospedale, questo implica un aumento della gravità dei pazienti e ovviamente un aumento dei costi. Questo va un’pò a scontrarsi con le politiche di contenimento delle spese sanitarie, speriamo che si riesca a trovare con le autorità regionali un accordo soddisfacente. Desideriamo un riconoscimento per quello che abbiamo fatto».
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