18 AGOSTO 2019
– Un anno fa, con il crollo del “Morandi”, prendevamo drammaticamente coscienza dell’emergenza per ponti e viadotti, scoprivamo di vivere e viaggiare pericolosamente, non soltanto per essere nati e cresciuti tra zolle continentali in perenne movimento, che hanno fatto e continuano a modellare ed a cambiare i connotati al Bel Paese, corrugato da Alpi e Appennini, ma perché il genio e la sregolatezza, che da sempre ci contraddistinguono, hanno fatto e fanno sì che prima si realizzino opere mirabolanti e poi si sprofondi con pari negativa capacità in situazioni disastrose, orripilanti. Ricordate la catastrofe della super nave da crociera Concordia, scaraventata e distrutta con innumerevoli vittime sacrificali sugli scogli del Giglio per la leggerezza di un gesto, per un mero narcisistico vezzo rituale, al prezzo incalcolabile di una catastrofe dalla risonanza planetaria? Beh non credo ci sia stata differenza con l’arroganza e la sufficienza o se preferite il menefreghismo con cui si sono lasciate degradare strutture strategiche, dalle minori alle maggiori, come nel caso di Genova , così inquietanti e minacciose, camaleontiche nella loro spettacolare osmosi con il territorio, con le case di comune abitazione, anch’esse legate alla rugginosa sorte degli usurati stralli. Per mille altre “bilance” in cemento precompresso, disseminate ovunque, nelle tangenziali delle città e lungo le ardite arterie che impunturano l’Italico Stivale, non solo si attende per buche e segnaletica svanita, ma vengono rinviati interventi strutturali nel tempo debito, piuttosto che quelli urgentissimi, eufemisticamente alla fine della stagione estiva. Credo che il nostro ( e dico nostro, perché è bene che tutti ci si assuma quanto meno la responsabilità di essere stati comunque tolleranti ) sia un atteggiamento consapevole, nichilista, una sorta di lusso costosissimo, assurdo, che usiamo concederci, preferendo rincorrere la sventura, renderci protagonisti di eroici salvifici gesti, di essere principi del soccorso, anziché re della prevenzione. Ognuno di noi conosce il territorio in cui vive ed è a conoscenza di problemi, difetti, rischi, trasgressioni, nefandezze, eppure attendiamo fatalisticamente gli eventi. Sono convinto, come tutti voi, che la burocrazia pleonastica, di comodo ed il nepotismo, insieme alla corruzione e la criminalità organizzata siano tra i peggiori difetti che avvelenano la nostra collettività. Se però ci vogliamo esercitare nelle analisi , cercare di individuare qualcuna delle cause di tanta disperazione e sommariamente gli autori e i responsabili del sommo degrado attuale, dobbiamo tornare indietro di una trentina di anni, ovvero quando valori e principi secolari su cui si fondavano gli orientamenti democratici del consenso, scelte capitali per il futuro, furono stravolte nel tripudio dei fessi e per mano di pelosi o incompetenti “commissari”, imposti da circostanze davvero straordinarie. Allora si compì il nostro destino, con svendite, privatizzazioni selvagge e aziendalizzazione della politica. Allora, si passò con un sommario amen tra “dagli all’untore” e macelleria giudiziaria, gioiosamente, da quello che era un paradiso perduto, non facile da percepire, verso l’attuale evidente inferno, denudandoci di ogni nostra autonoma dignità, affidandoci totalmente alla sovranità leguleia della comunità eurocentrica in cui siamo stati cacciati senza mai essere stati formalmente consultati. Impoveriti al cinquanta per cento di ogni nostro avere, senza un ruolo strategico della Banca d’Italia, depredati di quasi tutte le aziende dello Stato, con un sistema ferroviario arcaico nel meridione, con la prospettiva di mettere in crisi anche i collegamenti aerei, se si dovesse vendere o stravolgere pure Alitalia. Adesso ci si trova praticamente di fronte alla terribile alternativa tra vivere o morire. E di fronte a questo dilemma così drastico, il “primum vivere” è una risposta scontata, con tutte le conseguenze del caso.