E così stiamo traguardando la Pasqua con la classica sorpresa nel cavo del COVID, una improvvida novità dopo decenni e decenni di uova e colombe, di Pasquette open air e in camporella. Adesso, l’unica alternativa è capire se la sorpresa è quel che appare o quel che è ascoso e che perverso verrà in coda al Coronavirus. Francamente, vorrei tanto che il danno si limitasse alla salute, ma temo che tempi duri, se non di più, ci attendano per i prevedibili effetti di un rimbalzo negativo dell’economia e per la prevedibile probabile aggressione delle iene, che ci circondano, stimolate proprio dalle richieste di aiuto e solidarietà. Per questo, colgo l’occasione per dire che il tempo degli improvvisatori e dei cantastorie è chiaramente, miserevolmente scaduto, polverizzato nel disastro planetario che ci circonda ed alimenta il cinismo degli Stati, piuttosto che la comunione continentale. L’impressione è quella di trovarsi in piazza davanti al baracchino con i professionisti delle “tre carte”, un gioco in cui quella che vince non è mai la tua. Se qualcuno pensa ancora di battersi, faccia almeno mente locale e ricordi quel che ci è capitato dall’inizio degli anni novanta, quando la leadership italiana, con annessi e connessi, è stata venduta per ben più di “quaranta denari”. Adesso, con la società civile disorientata e una classe dirigente allo stremo, rischiamo di dover porgere la terza guancia. Ogni ulteriore cedimento di oggi ci costerà cento volte domani e mille volte rispetto a ieri, quando a decidere eravamo noi e siamo stati immensamente generosi, troppo. La storia si ripete, ma la memoria è corta, troppo, tanto da negarci il buon senso e farci sbagliare inesorabilmente la strada. Falsi profeti, perfidi maestri, traditori onorati, martiri disconosciuti, eroi dimenticati: questa la sintesi di una genia, quella italica dei cattivi e dei buoni, destinata a consumare le proprie fortune in un eterno limbo lambito dal fuoco.