Si spengono i fuochi ISIS su Bagdad, si attenuano i rumori per l’interferenza del faccendiere Cohen sul secondo incontro pacificatorio tra Kim e Trump, scende la pressione in America Latina – che rifiuta l’opzione militare per sanare la catastrofe venezuelana – ci si dimentica dello Yemen, ormai massacrato e puntualmente il fiume carsico della guerra armata e guerreggiata riemerge con attacchi arei, bombe e carri armati alla frontiera tra India e Pakistan, due paesi grandissimi, super popolati e fuori dalle mediazioni internazionali. E le centinaia di ordigni nucleari? Non vi preoccupate, perché quelli servono solamente a giustificare l’uso di armi tradizionali, infinitamente meno offensive, ma perverse nei risultati soprattutto a danno delle popolazioni povere e stanziali, come quelle del territorio conteso, il Kashmir, mentre per l’industria del cinismo assoluto, quella delle armi si determina puntualmente e comunque l’ennesima opportunità. Ricordiamocelo sempre, che non basta istituire un Premio, come nel caso del signor dinamite, Nobel, avviare procedure diplomatiche, azionare iniziative umanitarie, ricorrere all’ONU e alla FAO, tirare la giacca all’UNESCO per piangere sul patrimonio culturale dell’Umanità che va in pezzi, dare con fastidio una mancia al pulitore di vetri in fuga dai teatri di guerra, ma che bisognerebbe chiedere i danni a chi i conflitti li provoca e li alimenta per interessi pelosi.
Ruggero Alcanterini