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Editoriale

I tanti dubbi sulle sanzioni

C’è qualcosa di strano nel dibattito, attualmente in corso in Italia (e non solo), circa le sanzioni anti-russe. Secondo molti commentatori, chiunque esprima dei dubbi sulla reale efficacia di tali sanzioni diventa, ipso facto, un alleato di Vladimir Putin, e approva di conseguenza l’invasione dell’Ucraina.

A me non sembra che questa interpretazione sia corretta. Senza alcun dubbio l’invasione rappresenta una violazione del diritto internazionale. La visione putiniana e dell’intero circolo dirigente russo, secondo cui l’Ucraina “non esiste”, non sta in piedi e deve essere respinta. Né si può approvare la russificazione forzata di uno Stato sovrano e membro dell’Onu e delle principali organizzazioni internazionali.

Esiste, tuttavia, anche un altro lato della medaglia di cui è necessario tener conto. Per motivi non pienamente comprensibili, nei decenni passati l’Europa – a partire dalla Germania di Angela Merkel – si è interamente consegnata alle forniture energetiche russe.

Certo non era facile prevedere la “operazione militare speciale” dello zar moscovita. Ma si doveva comunque comprendere in anticipo che affidarsi in toto a un fornitore unico poteva causare grandi problemi. Anche perché lo stesso Putin non ha mai nascosto di puntare a un recupero dell’influenza russa in Europa dopo il crollo dell’Unione Sovietica.

Invece i maggiori esponenti della UE hanno nascosto la testa sotto la sabbia come gli struzzi, lasciando che Mosca strangolasse l’Unione Europea sul piano energetico. Prendiamo, per esempio, la proposta di fissare un tetto al prezzo del gas. Se ci poniamo dal punto di vista di Putin, non si capisce perché la Federazione Russa dovrebbe accettarla, avendo il coltello dalla parte del manico.

Per quanto riguarda l’Italia, occorre inoltre chiedersi perché abbiano sempre prevalso le posizioni dell’ecologismo più estremo. No alle centrali nucleari, no ai rigassificatori, no all’estrazione delle grandi quantità di metano (e, in misura più modesta, di petrolio) presenti nel nostro sottosuolo.

Tutto ciò costituisce una minaccia diretta al funzionamento del nostro apparato produttivo. Possiamo anche diminuire la temperatura nelle case e rinunciare alla doccia in molte occasioni. Ma se il gas non arriva più, c’è il rischio concreto che si blocchino le aziende, e questo è un problema molto più importante. Si rischia una recessione economica di enorme portata, con serie conseguenze sulla tenuta dell’intero sistema sociale.

L’Europa ha in genere seguito gli Stati Uniti, imponendo sanzioni molto severe e inviando grandi quantità di armi agli ucraini affinché possano difendersi meglio. Non scordiamo, però, che gli americani non hanno i nostri problemi. Essendo autonomi sul piano energetico, possano permettersi una posizione dura per impedire l’espansione dell’influenza russa.

Noi, invece, dobbiamo badare alla sopravvivenza stessa del nostro apparato industriale e produttivo, per non precipitare nella crisi sociale cui prima accennavo. Non è detto, insomma, che chi critica le sanzioni sia per forza di cose un alleato di Putin. Più concretamente, si preoccupa della sopravvivenza del nostro Paese, senza scordare che l’efficacia delle sanzioni è ancora da dimostrare.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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