Oggi facciamo festa perché corre l’anniversario della nascita di Google, giusto venti anni fa dalla idea vincente di due giovanotti, un contributo straordinario per la diffusione orizzontale della conoscenza, in assoluta controtendenza rispetto al degrado culturale, alla considerazione stupida e insulsa che molti governanti hanno dei beni storico-culturali, tant’é che proprio ieri si è consumata l’ennesima tragedia che, con l’incendio del Museo Nazionale del Brasile a Rio, ha visto andare in fumo venti milioni di reperti, dalle collezioni etnografico- antropologiche a quelle d’arte, a cinque milioni di volumi tra i quali migliaia rarissimi e con testi fondamentali sulla storia delle Americhe. Il discorso è sempre lo stesso, quello della mancanza di fondi per le strutture museali e per la sicurezza, quello che non ha impedito e non impedisce altre scelte ed attività, compresi i Giochi Olimpici del 2016. Ma, tornando a Google, abbiamo almeno la consolazione che tutto il digitalizzato inserito, l’immateriale ma sostanziale in ausilio della nostra memoria, gode di un supporto straordinario. Voi direte che la consolazione è magra e relativa, ma io penso che da ogni vicenda, anche negativa, vada tratto comunque un insegnamento, quanto possibile di positivo. Ecco, noi, in Italia, siamo detentori di un patrimonio straordinario relativamente protetto e a rischio per vari motivi, non ultimo quello sismico, ma anche per trascuratezza. Per esempio, siamo di fronte ad un Museo Nazionale mai nato, quello dello Sport Italiano, che perde pezzi ogni giorno in quanto mai ordinati e messi sotto custodia, materiali che non vengono considerati per la loro importanza e dispersi, sino alla fine ignobile nella discarica, passando per l’ultimo possibile recupero da parte dei cercatori nei cassonetti della spazzatura. Ma perché mi avventuro su questo terreno? Perché sono convinto che soltanto superando l’indifferenza e la noia, l’abbrutimento della routine, avendo il coraggio di manifestare ed applicare nuove idee, sia possibile cambiare questo andazzo. Intendiamoci, non sempre le nuove idee superano la barriera delle ostilità e delle condizioni ambientali o temporali avverse, ma giusto quattro anni prima del big-bang di Google ci riunimmo nel Waldemar Castle a Svendborg in Danimarca e demmo via alla International Sport and Culture Association – ISCA – creando una nuova organizzazione internazionale di sport e cultura per tutti con un logo che applica una mia intuizione, quella del principio pitagorico dei triangoli, piuttosto che quello archimedeo dei cerchi. Oggi l’ISCA , che vanta in matrice la nostra impronta italica, conta oltre quaranta milioni di associati in 84 paesi del mondo aderenti a 240 organizzazioni nazionali… Nel 1996 l’Associazione Italiana Cultura Sport – AICS – lanciò un’altra mia visione, quella del Sesto Cerchio, come rappresentazione della universalità dello sport per tutti e non ne seguì un adeguato successo, perché destinata a planare in un mare magnum di problemi, anche se le rappresentazioni che ne furono date al velodromo olimpico di Barcellona, nella sedi del CONI e del Comitato Olimpico Internazionale a Losanna facevano sperare ben altro. Infine, nello stesso periodo, decollava il Movimento Europeo Fair Play – EFPM – con l’italiano Francesco Gnecchi-Ruscone tra i fondatori e oggi con 41 paesi associati , mentre ripartiva la Federazione Internazionale del Cinema e della Televisione Sportiva – FICTS, una creazione di Bruno Beneck, rilanciata alla grande da Franco Ascani , ora nella commissione cultura del CIO e con appuntamenti galattici a Milano e nel mondo…
Ruggero Alcanterini
Direttore responsabile de L’Eco del Litorale