Sino a un adulto su 5 tra la popolazione generale è affetto da esofago di Barrett, condizione caratterizzata dalla trasformazione del normale rivestimento dell’esofago in un epitelio di tipo intestinale; questo fenomeno si verifica in genere come conseguenza di un danno cronico, come quello indotto dalla malattia da reflusso gastro-esofageo. L’esofago di Barrett però, in soggetti predisposti o che non seguono un’adeguata terapia medica, può peggiorare nel corso degli anni e portare all’insorgenza della ‘displasia’, una condizione pre-cancerosa che può ulteriormente evolvere verso un adenocarcinoma esofageo.
L’endoscopia gioca un ruolo fondamentale non solo nella diagnosi e nella tipizzazione istologica dell’esofago di Barrett, ma anche nel trattamento della displasia, arrestandone la potenziale evoluzione verso il tumore. E al Gemelli, per la prima volta in Italia è stato effettuato un intervento di crioablazione endoscopica, per il trattamento di queste lesioni. “Il trattamento endoscopico di crioablazione – spiega Cristiano Spada, Direttore della UOC Endoscopia Digestiva Chirurgica, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Professore Ordinario di Gastroenterologia, Università Cattolica, campus di Roma – si effettua nel corso di una normale gastroscopia, introducendo nell’esofago, attraverso l’endoscopio, uno speciale catetere che ha sulla punta un palloncino dal quale si eroga protossido di azoto liquido in forma gassosa; questo determina la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle cellule, andando così a ischemizzare e dunque a eliminare il tessuto patologico. È un trattamento innovativo, utilizzato per la prima volta in Italia presso il nostro Centro. I risultati dimostrano che è sicuro, efficace nel ‘cancellare’ la displasia e la metaplasia e soprattutto molto ben tollerato dai pazienti”.
Naturalmente non tutte le persone con esofago di Barrett hanno bisogno di un trattamento di questo tipo; per altre è sufficiente monitorare nel tempo l’andamento delle lesioni, sottoponendo il paziente a un’adeguata e completa terapia medica per la malattia da reflusso esofageo. “È fondamentale dunque un’accurata valutazione specialistica preliminare – continua il Professor Spada – per personalizzare il trattamento su misura del singolo paziente, scegliendo quello migliore per la sua condizione”.
La crioablazione endoscopica si va ad aggiungere ai trattamenti a oggi disponibili e consentirà di trattare un numero sempre più ampio di pazienti, compresi quelli che non hanno risposto ai trattamenti tradizionali, come l’ablazione a radiofrequenza (RFA). “Quest’ultima – spiega la gastroenterologa Silvia Pecere, dirigente medico della UOC di Endoscopia Digestiva Chirurgica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – è una delle opzioni più comunemente utilizzate per il trattamento endoscopico di un paziente con esofago di Barrett. Le radiofrequenze erogano energia termica, che rimuove con il calore le aree di tessuto patologico; questo consente la ricrescita di normale tessuto esofageo che si va a sostituire a quello patologico eliminato”.
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