L’adattamento di una struttura a parametri nuovi come la direttiva europea, una volta che sarà approvata da Europarlamento e Consiglio europeo, comporterà maggiori complicazioni rispetto al costruirla dalle fondamenta. La difficoltà consiste “nell’intervenire su strutture storiche; nell’adattare nuove tecnologie e nuovo materiale – ha detto Panci -. Sarà quasi impossibile lavorare sul perimetro esterno per via dei vincoli. Lo stesso cappotto termico non sarà adottabile come sistema se non all’interno riducendo, quindi gli spazi”. Stesso discorso per il fotovoltaico che è la principale forma di alimentazione di una casa “green”. E’ chiaro che “in periferia non si hanno problemi a trovare spazi per posizionare i pannelli ma nei centri densamente abitati, o peggio, nei centri storici, il problema si pone”. L’impiantistica, utilizzando le tecnologie più moderne, “potrà essere applicata in tutte le soluzioni ma – ha sottolineato l’architetto -, perché sia efficace, dovrà essere realizzata in maniera complessiva e non con interventi parziali. Questo, ovviamente fa lievitare i costi”.
Ed infatti sembrano essere i costi elevati e i tempi stretti, il vero limite del progetto casa “green” per i romani. “Non vedo possibile trasformare tutto il tessuto immobiliare romano entro un breve lasso di tempo – ha concluso Panci -. Passare dalla classe energetica G alla classe energetica E, secondo la bozza dell’Ue entro il 2030, significa intervenire su impiantistica ed infissi con costi non accessibili a tutti soprattutto non in un lasso di tempo breve”. Ecco perché si spera che la norma sia accompagnata da incentivi ma, come suggerito dal presidente dell’ordine degli architetti di Roma, “tali incentivi è utile che siano sempre meno vincolati alla tipologia di interventi e sempre più alla progettazione”.