È una piccola romana di 12 anni, in cura per un sarcoma, la prima paziente minorenne sottoposta a prelievo di tessuto ovarico per la crioconservazione, presso la fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs. Il prelievo è stato effettuato in virtù di un accordo siglato nel gennaio 2022 con la Banca del tessuto ovarico e cellule germinali (Bto) della Regione Lazio, situata presso gli Istituti Fisioterapici Ospitalieri di Roma (Ifo) e diretta dal professor Enrico Vizza, che rappresenta al momento l’unica Banca in Italia certificata dal Centro Nazionale Trapianti (Cnt) e l’unica inserita nel compendio Europeo degli Istituti dei tessuti. Nei mesi precedenti, sempre in virtù di questo accordo, era stato inviato dal Policlinico Gemelli tessuto ovarico prelevato da tre giovani donne in terapia oncologica. L’intervento è stato effettuato dal professor Lorenzo Nanni, Direttore della Uosd di chirurgia pediatrica di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, in collaborazione con Giacomo Corrado, dirigente medico Uoc ginecologia oncologica e coordinatore del Pca oncofertilità fondazione policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs.
“Un aspetto molto importante – spiega il dottor Giacomo Corrado – è che fino alla sigla di questo accordo, per effettuare il prelievo di tessuto ovarico, era necessario trasferire la paziente presso la ‘banca’ dell’Ifo, ma questo scoraggiava molte pazienti che finivano per rinunciare a questa possibilità (dal 2018 quelle che hanno accettato sono 18, di cui 2 bambine). Grazie a questo accordo, non è più necessario trasferire la paziente, perché il prelievo può essere effettuato direttamente al Policlinico Gemelli da dove viene poi inviato alla banca dell’Ifo per la crioconservazione. Al momento, questa del Gemelli, insieme a quella stipulata con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – Irccs, rappresentano le uniche convenzioni di questo tipo attive in Italia con la Banca del Tessuto Ovarico e Cellule Germinali (Bto) della Regione Lazio, mentre gli altri ospedali continuano a indirizzare le pazienti all’Ifo per il prelievo”.
Il professor Enrico Vizza, direttore del dipartimento clinico e di ricerca oncologica dell’Ifo-Regina Elena e responsabile della Bto della Regione Lazio, sottolinea “l’importanza della collaborazione in rete per problematiche altamente specialistiche quali la tutela della fertilità nelle giovani pazienti oncologiche per la quale è richiesta sia competenza specialistica oltre che alte professionalità tecniche e tecnologiche in campo biologico. Questa interazione tra due Istituti così rilevanti sia sul piano nazionale che internazionale ha infatti importanti ricadute per pazienti e per il mondo della ricerca”.
La bambina è stata sottoposta a maggio all’intervento chirurgico di rimozione del sarcoma e, in un secondo tempo (il 5 luglio), al prelievo di tessuto ovarico. “L’intervento – ricorda il professor Lorenzo Nanni, che ha effettuato il prelievo di tessuto ovarico – è l’ultimo anello di una catena, che viene dopo un’elaborazione imponente per creare questo accordo. La bambina è in ottime condizioni e il prelievo di tessuto ovarico non impegna in maniera importante la paziente. Viene effettuato in laparoscopia, in questo caso con tre accessi (‘buchini’) sull’addome, uno per l’ottica e due per gli strumenti. La procedura è semplice dal punto di vista laparoscopico, se l’addome non è stato già sottoposto a interventi chirurgici, e dura in tutto mezz’ora”.
Il tessuto prelevato dal chirurgo, viene posizionato in un terreno di coltura specifico e immediatamente trasportato con una catena del freddo, presso la banca dell’IFO. Qui giunto, l’equipe dei biologi della banca diretti dal responsabile biologo dottor Marcello Iacobelli, lo preparano e lo congelano in azoto a -196 gradi. “Prima del prelievo, nei moduli di consenso informato – ricorda il dottor Corrado – viene chiesto al paziente (e alla sua famiglia) cosa fare di questo tessuto nel caso in cui non possa essere utilizzato per una gravidanza. Le alternative possibili sono distruggerlo o donarlo alla ricerca. Finora tutte le pazienti lo hanno donato alla ricerca”.
Un ponte di speranza verso il futuro. “La bambina era affetta da un sarcoma a cellule indifferenziate dei tessuti molli della zona pubica, comparso come una tumefazione – spiega il professor Antonio Ruggiero, Direttore Uosd di Oncologia Pediatrica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e Professore associato di oncologia pediatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma -. Il tumore non aveva fortunatamente ancora dato metastasi e dunque siamo ottimisti rispetto alla prognosi della nostra paziente. Il trattamento di questi tumori prevede l’asportazione chirurgica, seguita da un trattamento sistemico (chemioterapia) e a volte anche radioterapia. Vista la necessità di affrontare un trattamento chemioterapico, che può compromettere la fertilità, è stata offerta alla bambina e alla sua famiglia la possibilità di accedere a questo programma di crioconservazione. Tra i tumori pediatrici, quelli che potrebbero accedere a questo programma sono i tumori solidi non metastatici che devono affrontare una chemioterapia. La possibilità di questo percorso – conclude il professor Ruggiero – è un valore aggiunto alle cure offerte al Gemelli perché, oltre al miglior intervento e alla migliore terapia, stiamo già pensando al futuro e alla qualità di vita post-trattamento di queste pazienti e questa prospettiva di guarigione è rassicurante sia per i pazienti che per le loro famiglie”.
La nuova promessa dell’oncofertilità. Ogni anno – si legge nella nota del Gemelli – nel nostro Paese a circa 5 mila donne sotto i 40 anni, dunque in età riproduttiva, viene diagnosticato un tumore. I progressi della terapia oncologica hanno fatto raggiungere importanti tassi di lungo-sopravvivenza (fino all’85 per cento nei tumori mammari e nei linfomi), ma allo stesso tempo i trattamenti sistemici possono danneggiare in modo irreversibile la riserva ovarica delle donne, provocando problemi di infertilità, che hanno un impatto importante sulla qualità di vita. È da queste premesse che nasce la branca dell’oncofertilità, una disciplina a ponte tra l’oncologia e l’endocrinologia riproduttiva, che ha lo scopo di preservare la fertilità nelle giovani donne alle prese con una malattia oncologica.
La fondazione policlinico Gemelli Irccs – continua la nota – ha dedicato all’oncofertilità un percorso clinico assistenziale, voluto dal professor Giovanni Scambia (direttore della Uoc di ginecologia oncologica e direttore scientifico della fondazione policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e ordinario di ginecologia università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma) e coordinato dal dottor Giacomo Corrado insieme alla professoressa Paola Villa, che prevede un approccio multidisciplinare (ginecologo, psicologo, oncologo, senologo, ematologo, radioterapista, pediatra) per l’identificazione precoce delle candidate al prelievo, alle quali viene offerto un adeguato counselling. Il policlinico Gemelli fa parte della rete dell’oncofertilità della Regione Lazio che converge sulla banca del tessuto ovarico ospitata presso l’Ifo e sulla banca del seme del Policlinico Umberto I. Grazie a un accordo siglato da qualche mese con la Regione Lazio, il prelievo di tessuto ovarico può oggi essere effettuato direttamente presso il Gemelli, per essere poi trasportato presso la banca dell’Ifo.
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