Quando mio padre mi portò a Superga per la prima volta avevo pochi mesi di vita. Lasciò il passeggino in macchina, prese una bandiera granata, la avvolse su di me e si diresse verso gli Invincibili per il sacro saluto.
Raccontava che durante i miei primi anni di età, ogni qual volta mi portava mano nella mano davanti alla Lapide, io smettevo di piangere. Forse rapito dall’espressione cupa del mio vecchio, forse coinvolto da quel silenzio dannatamente assordante che rendeva Superga fuori da ogni contesto moderno, pensieri e capricci puerili svanivano nel nulla.
Si cresceva con i Tuttosport della domenica, quell’odore inconfondibile di carta stampata e l’inchiostro che macchiava i miei polpastrelli.
Sentivo il mio vecchio commentare ad alta voce battendo energicamente i pugni sulla tavola : ” È tornato Crippa, 8.000 al raduno. Non moriremo mai!”.
Acqui Terme era un feudo bianconero. Il Toro Club Acqui Terme non era altro che uno stanzino, piccolo e ben nascosto, ubicato in un centro sportivo ben lontano dal centro città. Lo odiavo, non solo per la distanza ma anche per le persone che lo rappresentavano.
Partite come “Torino-Fidelis Andria” erano frutto di una costante lamentela : ” ma dai, siamo pessimi, sempre la palla all’indietro!”
Urla di disappunto e fischi davanti alla TV provenienti da pensionati recitanti un copione già scritto. Mio padre mi vedeva patire e patirli, decise di non portarmici più.
Quando tornò Mondonico sotto la presidenza Vidulich decisi di spedire il mio primo foglio-collage a Tuttosport, sperando di poter ricevere risposta. Invano.
Ma quella foto del Mondo che osservava uno degli allenamenti ce l’ho ancora bene impressa. La speranza che quel sogno sfumato da pali e sedie alzate potesse tornare prepotentemente almeno nei nostri sogni più proibiti era lampante negli occhi del mio vecchio. Ricordate la marcia del Toro del 1999 verso la serie A in videocassetta? Era la mia bibbia. Dalla splendido goal di Ciccio Artistico contro il Crotone all’ultima gara persa contro la Reggina per 2-1 ma che permise agli stessi reggini di salire con noi in massima serie.
“Beh certo, oggi è una giornata magica, non possiamo dire diversamente, con una curva come questa ( indicando la Maratona ). Certe volte mi viene da pensare che era meglio stare in serie B, perché arrivare, come dire, alla fine di un campionato come questo con un pubblico da Real Madrid, tutto sommato si potrebbe anche pensare di rimanere..” ironizzava Piero Chiambretti a bordo campo.
Poche, pochissime gioie e tanti dolori durante quegli anni. Piansi di gioia nel vedere Torino – Bregenz in InterToto, piansi di gioia nel vedere Tonino Asta in Nazionale contro gli Usa in una amichevole del 2002 pre-mondiale. Queste erano le mie gioie e queste le tengo ben strette a me. Come quel dannato 2005 nella mia Acqui. Stretto a Riky Vailatti in Piazza Italia a piangere come un bambino. Si falliva, si, ma ci si godeva allo stadio acquese Jona Ottolenghi uno straripante Alberto Jimmy Fontana battersi forte il petto ed urlare al pubblico “non me ne vado! io da qui non me ne vado!”. E pace se ci si ricorda più di Marazzina o Quagliarella perennemente al cellulare e meno di un Robert Acquafresca visibilmente a pezzi. Noi c’eravamo, avevamo vissuto l’incubo da vicino. Ma mai come quel giorno ci eravamo sentiti del Toro, nell’insieme. Tutti. Senza distinzione.
Ecco, quella voglia matta di lottare per i nostri ideali proviene da un viaggio iniziato 36 anni fa, tra i tantissimi gironi dell’inferno dantesco senza apparente via di uscita. Eravamo uniti? Si, più che mai. Sapevamo chi eravamo e cosa rappresentavamo.
“Il Toro è la sua gente” , recita un famoso slogan, ma preferirei ricordare quel : ” Toro è casa mia, rappresentato da gente come me..”, del compianto Sinisa.
Abbiamo il dovere di non perdere nulla di ciò che abbiamo vissuto, nel bene ma soprattutto nel TANTO male, almeno per coloro che come me han visto il Toro vincere solo a Bilbao.
Aiutiamoci a non dimenticare..si,ma di lottare.
Oggi il “Fila”, domani il Robaldo e la Primavera. Facciamoci sentire ragazzi. Uniti si può!
Dalla Luna, passo e chiudo.
Leo Menegazzi
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