Durante l’ultimo Consiglio Municipale abbiamo approvato, con i voti di tutta la maggioranza, una importante mozione sui Diritti LGBT+. Il testo, costruito con il prezioso contributo di Marilena Grassadonia, Responsabile dell’Ufficio Diritti LGBT+ di Roma Capitale, è stato presentato in Aula dalla prima firmataria e Presidente della Commissione Pari Opportunità, Silvia Fiorucci. Ovviamente, come era immaginabile, apriti cielo. Il confronto si è avvitato quasi subito sulla tanto discussa GPA. L’accostamento della GPA ad una discussione sui Diritti LGBT+ è quanto mai fuori luogo in quanto quasi il 90% delle coppie che si orientano verso questa pratica sono coppie eterosessuali e che quindi non hanno nulla a che vedere con le coppie omogenitoriali. Non va mai dimenticato che a differenza della maggior parte dei Paesi Europei, che dovrebbero essere il nostro riferimento, l’Italia non ha mai varato una legge per tutelare complessivamente le registrazioni alla nascita dei figli delle coppie omogenitoriali. Ed è per questa ragione che la Corte Costituzionale lo scorso anno ha fatto un richiamo ufficiale al Parlamento sottolineando il vuoto normativo che lascia senza tutela i figli delle coppie dello stesso sesso, creando di fatto bambini di serie A e bambini di serie B e cioè determinando qualcosa di incostituzionale. In tutta risposta, la commissione Politiche Europee del Senato ha bocciato la proposta di regolamento Ue per il riconoscimento dei diritti dei figli anche di coppie gay e l’adozione di un certificato europeo unico, riconosciuto in tutti i paesi della UE. Con questa mossa, l’Italia finisce accanto a Polonia e Ungheria restringendo di fatto l’ambito dei diritti. Bisognerebbe approfondire bene il momento storico in cui il certificato europeo per i figli delle coppie omogenitoriali è diventato un dibattito sulla GPA. Andrebbe approfondito perché testimonia, come se ce ne fosse ancora bisogno, la tecnica di lanciare la palla in tribuna quando ad una questione controversa, che va comunque normata, si risponde parlando d’altro. Il problema è che a farne le spese sono i minori, dei bambini e delle bambine che hanno il diritto di avere uguali diritti, hanno il diritto alla felicità. Il punto vero è che si stanno utilizzando i temi etici come collante sociale, come strumento di distrazione di massa. Tutto questo è inaccettabile e con la Mozione approvata in aula abbiamo voluto riportare la discussione sul piano dei diritti delle persone, dell’uguaglianza, dei diritti dell’infanzia. Ed è per questo che accogliamo con grande soddisfazione la trascrizione dei primi due atti di nascita di figli di coppie omogenitoriali, composte da due donne, confermando di fatto Roma come Capitale anche dei diritti. Non possiamo assolutamente cedere il passo ad una destra regressiva, reazionaria, oscurantista, che tende sempre di più a limitare i diritti, come conferma la volontà di bloccare con ogni mezzo le trascrizioni o il ritiro del patrocinio al Pride. Oggi, quindi, tutti al Pride, anche senza patrocinio della Regione Lazio, ce ne faremo una ragione.
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