Nel Lazio la sanità si apre a nuove prospettive di miglioramento dei servizi offerti e punta al superamento del precariato che ne ha caratterizzato l’attività negli ultimi anni. La legge (proposta numero 30) approvata all’unanimità (39 voti a favore) dal Consiglio regionale, consente infatti di assumere 5 mila unità di personale tra medici, infermieri e addetti alle professioni sanitarie in 5 anni, permettendo di fatto un ricambio generazionale dei lavoratori che operano nel sistema sanitario regionale e dando allo stesso tempo il via a una stagione di concorsi pubblici.
In sostanza, la legge approvata, che non interferisce con le procedure di stabilizzazione in corso che procedono secondo la normativa esistente, prevede che le graduatorie dei concorsi in scadenza al 31 dicembre 2018, e vigenti da più di tre anni, non possano essere più prorogate. Quelle vigenti da meno di tre anni, al contrario, concluderanno il loro periodo triennale di vigenza.
Nel 2013, ha sottolineato la Regione in una nota, “furono soltanto 68 le autorizzazioni alle assunzioni. Entro la fine del 2018 saranno inseriti nei ranghi della sanità, compresa la stabilizzazione dei precari, ben 3.500 persone. E poi si chiuderà la fase del commissariamento”.
Per l’assessore alla Sanità e all’Integrazione Socio-sanitaria, Alessio D’Amato, “la legge rappresenta un vero e proprio detonatore per avviare una nuova stagione concorsuale e dare forma a una nuova generazione di professionisti”. “Il fine – ha spiegato – è quello di garantire l’individuazione di personale altamente specializzato che risponda alle esigenze di aggiornamento tecnico-professionale. Inoltre, s’intende superare le problematiche connesse alle numerose proroghe avvenute a livello nazionale, esigenza già espressa anche da altre Regioni”.
”In questi anni – ha proseguito D’Amato – il combinato disposto del blocco del turnover derivante dal piano di rientro e dell’utilizzo di graduatorie datate ha portato ad avere un sistema ingessato anche nelle metodologie di reclutamento. Questo ha significato, a titolo di esempio, che una persona considerata idonea ed entrata in graduatoria nel 2003 a 45 anni oggi ne ha 60”.
L’utilizzo di graduatorie troppo datate nel tempo, in sintesi, non sempre garantisce che la professionalità individuata tramite lo scorrimento delle stesse sia adeguata al mutamento dei tempi e al momento della chiamata.
D’Amato ha inoltre ricordato che in dieci anni le università del Lazio hanno formato circa 7 mila medici e oltre 16 mila tra infermieri, tecnici di laboratorio, personale tecnico, professionisti delle mansioni sanitarie e operatori del servizio sanitario, ma solamente una piccola quota di questi ha avuto la possibilità di essere inserita nel mondo del lavoro della sanità laziale.
Sul provvedimento messo in campo dalla Regione Lazio in materia sanitaria è intervenuto il segretario della Fp Cgil di Roma e Lazio, Natale Di Cola, il quale pur riconoscendo l’avvio di una stagione importante di assunzioni ha precisato che “con le norme attuali, se anche fra tre anni avessimo cinquemila nuove assunzioni, saremmo in grossa difficoltà perché sono previste seimila uscite e ci sono tanti precari da stabilizzare. Quindi avremmo la beffa di trovarci a fine legislatura con meno addetti di quelli che ci sono oggi, senza aumentare il numero di operatori che ci servono per garantire i servizi”.
Secondo Di Cola bisogna allora “modificare le norme nazionali che limitano le assunzioni e tirare fuori dal computo del turnover i precari e le internalizzazioni dei servizi. Laddove ci sono state esternalizzazioni selvagge, tramite la politica dei concorsi pubblici, bisogna fare in modo che quelle internalizzazioni non tolgano capacità assunzionale sennò dobbiamo chiudere i servizi e appaltare altre attività”.
A.D.A.
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