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Editoriale

Radicalismo di destra e di sinistra

Radicalismo di destra e di sinistra. E’ interessante osservare come gran parte della stampa e dei mass media italiani assumano un atteggiamento molto diverso nell’analizzare l’avanzata in Europa dei partiti di destra e di sinistra radicale. Semplificando, i successi della destra radicale sono presentati al pubblico come un grave pericolo per l’intero continente. Quelli della sinistra radicale, invece, non destano la stessa preoccupazione e, assai spesso, vengono percepiti come un bene.

A mio avviso è lecito, per non dire doveroso, interrogarsi circa i motivi di un trattamento così diverso nei due casi. Penso che una prima risposta vada cercata nei ricordi che la destra radicale evoca sin dalla fine del secondo conflitto mondiale. Accade che movimenti di quel tipo facciano subito pensare a nazismo e fascismo, i cui fantasmi sembravano – forse a torto – banditi per sempre. Si dà tuttavia il caso che la storia, a dispetto dei tanti pareri contrari, non proceda in modo lineare, nella direzione di un crescente progresso e dell’affermazione universale dei diritti umani. Tende piuttosto a ripetersi, magari non in forme identiche, ma che tuttavia si assomigliano.

A questo punto si pone però un problema che suscita perplessità. Non è solo la destra (ripeto: radicale) ad avere tanti scheletri nell’armadio, giacché anche la sinistra da questo punto di vista non scherza. Non occorre scomodare i soliti Lenin e Stalin. Un passato molto recente ci sussurra all’orecchio il nome di Pol Pot, e aggiungo che pure Mao e i suoi seguaci hanno per lungo tempo praticato una politica basata sulla repressione continua..

Facile rispondere che la sinistra radicale di oggi nulla ha a che fare con i suddetti dittatori, dal momento che i suoi esponenti sembrano piuttosto gli eredi del marxismo umanistico della Scuola di Francoforte e, in alcuni casi, dell’anarchismo. Può darsi sia così. Ma allora – chiedo – perché non concedere lo stesso beneficio d’inventario a chi si colloca nel quadrante opposto dello spettro politico? In altri termini, perché dovremmo automaticamente considerare la destra radicale erede di Hitler e di Mussolini, mentre si afferma con sicurezza che la sinistra radicale si è sbarazzata una volta per tutte dei fantasmi oscuri che ne hanno percorso la storia?

Pongo il quesito senza avere risposte pronte a portata di mano. Mi limito a notare che la difesa delle identità nazionali è considerata di destra, anche se tale fatto è tutt’altro che scontato. Lo stesso dicasi della preferenza per l’assimilazione piuttosto che per il multiculturalismo. E noto, infine, che vengono talora equiparati persino l’autoritarismo e la proposta di leggi di ordine pubblico. Equiparazione piuttosto strana, dal momento che “sinistra” e “ordine pubblico” – come dimostra sempre la storia – non sono affatto termini antitetici.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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Tags: radicalismo

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