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Editoriale

Putin insegue un mito

Sono molti i miti cui Vladimir Putin si è appellato per giustificare l’invasione dell’Ucraina. Tutti, ovviamente, hanno a che fare con il passato. E ne esiste uno che, nel suo immaginario personale e in quello dei russi in generale, riveste una notevole importanza.

Lo zar moscovita inaugurò, nel mese di novembre del 2016, una statua di 20 metri d’altezza proprio di fronte alle mura del Cremlino. La statua raffigura il principe Vladimir, considerato Santo dalla Chiesa ortodossa, che fu il fondatore della Rus’ medievale di Kiev, nucleo originario di quella che poi divenne la Russia imperiale.

Si dà tuttavia il caso che a Kiev vi sia una statua analoga dedicata allo stesso personaggio, che gli ucraini chiamano “principe Volodymyr”. Tale statua risale al 1853, quando l’Ucraina faceva parte dell’Impero russo, ed è alta 19 metri, quindi poco meno di quella di Mosca.

I due Paesi, quindi, attribuiscono entrambi al principe un ruolo fondamentale nella storia. Vladimir/ Volodymyr si convertì al cristianesimo nel 988, e sposò Anna, sorella dell’imperatore di Bisanzio, gettando così le basi della Chiesa ortodossa.

Mentre gli ucraini considerano il principe quale fondatore del loro Paese e garante della sua indipendenza, Putin ha in mente una storia diversa. Secondo il suo punto di vista – che è anche quello tradizionale russo – Vladimir unificò Russia, Bielorussia e Ucraina, tre componenti di una sola nazione.

Putin inoltre nota che l’Ucraina ebbe confini definiti soltanto quando divenne una delle Repubbliche della ex Unione Sovietica, mentre in precedenza tali confini definiti non esistevano poiché Leopoli, per esempio, faceva parte della Polonia.

Di qui l’accusa rivolta a Kiev di aver dimenticato la storia comune dei due Paesi e quella, conseguente, di aver tradito l’originario “spirito slavo” diventando succube della cultura e dei valori occidentali. La conclusione è che l’Ucraina in quanto nazione indipendente non esiste, e può ritrovare le sue radici soltanto unendosi di nuovo a Russia e Bielorussia.

Peccato però che, dopo il crollo dell’URSS, tutte le istituzioni internazionali – a partire dall’ONU – abbiano riconosciuto l’indipendenza dell’Ucraina e i suoi attuali confini, ivi inclusa la Federazione Russa creata dopo la fine dell’Unione Sovietica.

Diventa pertanto difficile giustificare l’invasione, e le molte atrocità che l’hanno caratterizzata, basandosi sul mito dianzi accennato. Da notare infine un fatto curioso (ma non troppo). Il nome di Putin è Vladimir, come quello della statua di Mosca. Zelensky si chiama invece Volodymyr, come quello della statua di Kiev. E ciò rimanda appunto a un’antica storia comune.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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