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Attualità

Pienone a “Velletri Libris”: presentato “Scoperte e rivelazioni”, la caccia al tesoro dell’arte di Vittorio Sgarbi

L’Italia è un paese unico nel suo genere perché in ogni angolo- che sia al centro di una grande città metropolitana o nella chiesetta sperduta di un borgo di provincia – riserva sorprese incredibili dal punto di vista artistico e culturale. Proprio sui luoghi remoti della penisola, e sulle relative scoperte artistiche impronosticabili, si sofferma il nuovo libro del critico d’arte Vittorio Sgarbi, “Scoperte e rivelazioni”. Un’autentica caccia al tesoro dell’arte, come spiega il sottotitolo e come ha raccontato l’autore davanti alla gremita platea di “Velletri Libris” che ha registrato un altro tutto esaurito. Ennesimo sold out, dunque, al Chiostro della Casa delle Culture e della Musica di Velletri per la decima data della manifestazione organizzata dalla Fondazione De Cultura e dalla Mondadori Bookstore Velletri/Lariano/Genzano/Frascati/Cisterna.

La serata si è aperta, come di consueto, con le degustazioni enogastronomiche gratuite. Massimo Morassut, in rappresentanza del CREA, ha presentato la cantina ospite della serata, Colle di Maggio Velletri. Spazio, poi, all’area dedicata alla poesia, con il “Piccolo prologo in versi” curato da Claudio Leoni e Giulio Mazzali che ha visto protagonista la poesia di Catullo, Elisabetta Sancino, Giulio Mazzali e Mario Luzi.

Dopo il benvenuto di Aurora De Marzi, il professor Sgarbi ha preso la parola per dare il via a quella che è stata una vera e propria lezione di storia dell’arte. Nel salutare Velletri e apprezzare la bellezza (e il clima) del Chiostro, l’autore ha dato una prima anticipazione: “ho individuato, tra le tante opere, un dipinto del Cardinal Ginnetti – il cui palazzo a Velletri era bellissimo e oggi ci resta solo il Portale. Questo dipinto è di Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio, che a suo tempo era l’equivalente del Bernini in pittura”.

“La mia testa”, ha raccontato Sgarbi, che oggi è sottosegretario alla cultura, “si è riempita, nel corso degli anni, di immagini che vanno al di là di ciò che riconoscono gli studi. Si affolla di artisti magari meno conosciuti ma che danno delizia alla scoperta, questo è il senso del libro che definirei liberatorio. Spesso l’incontro fortuito con alcune opere o la ricerca in luoghi remoti mi ha consentito di avvicinarmi sempre al maestro Francesco Arcangeli. Non avrei potuto mai immaginare, senza di lui, una vita come questa. È grazie a lui e al maestro Roberto Longhi se si sono avviate ricerche su stagioni pittoriche altrimenti dimenticate”.

“Dialogare con un’opera d’arte è come dialogare con persona vivente”, ha poi aggiunto, presentando diversi quadri proiettati tramite slides che hanno consentito al pubblico di seguire i dettagli della spiegazione. “L’arte è tutta contemporanea”, ha puntualizzato l’autore, “ed è evidente che lo sia: guardando i bronzi di Riace, per esempio, si vede che parlano con l’evidenza di qualcosa che cambia il tuo punto di vista”.

Secondo Sgarbi il grande merito degli studi di storia dell’arte è quello di aver studiato la fenomenologia dell’arte e della pittura nelle varie regioni con ricerche sistematiche che hanno consentito, in pochi anni, di inquadrare al meglio diverse epoche come ad esempio il Seicento italiano. Quella del professore è stata una lezione che ha menzionato famiglie, pittori, luoghi e correnti in maniera fluida e interessante. Nel finale, un nuovo cenno a Velletri e alla pittrice Juana Romani: “proprio grazie alla mostra che fu fatta qui, su questa importante artista, si è restituita la giusta visibilità a Juana Romani. Spesso alcune sue opere compaiono nelle aste, e la ricerca su di lei è tutt’altro che conclusa”. Infine, nel salutare il pubblico, Sgarbi ha definito il suo libro come un “insieme di opere nuove di artisti antichi. In questa definizione trovo l’idea della caccia, che non è il cercare ma il trovare un qualcosa che ti viene incontro”.

Fabrizio Gerolla

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