Ma come chiamarlo, se non “Adriano”, il Progetto ideale per tornare a vivere, anzi a cavalcare l’onda che negli anni cinquanta aveva ispirato la rinascenza italica. Di certo il concetto olivettiano di impresa all’avanguardia, come ideazione, ricerca e rapporto con il sociale dentro e fuori dell’azienda era e rimane quell’uovo che Colombo, per primo, richiamò come concetto esemplificativo di un modo di fare ed essere, talmente easy e alternativo, pulito e generoso, ispirato al gioco corretto, tale da sembrare dissacrante e pericoloso, almeno a quelli che non esitarono a distruggere il prototipo etico di cui si avvalse il tricolore, come straordinaria avanguardia nel digitale. Non voglio ricordare a me stesso che la memoria corta non sempre rappresenta un vantaggio e che Adriano Olivetti e Giorgio Tchou, come le loro stesse intuizioni ed invenzioni furono spazzati via dal furore di una concorrenza cinica e bara. Il 25 agosto del 1960, quando furono inaugurati i XVII Giochi Olimpici di Roma, ricordati come quelli del “Dovere compiuto”, Olivetti era già volato in Borea da sei mesi, vittima di un “malore” senza testimoni su di un treno diretto in svizzera, ma il Centro Stampa – dove anche io ero operativo – era la pietra angolare dell’organizzazione, esempio di efficienza e funzionalità d’avanguardia, peraltro legate al geniale ricercatore italo-cinese Tchou, anche lui eliminato dal “fato” nel novembre del 1961, quando con il Progetto Elea la Olivetti era di gran lunga avanti alla concorrenza mondiale, imbarazzante ingombro per chi proseguiva nella guerra, magari fredda ma non di meno cruenta. Ecco, il motivo per cui, pensando al modello Olivetti, che con la sua “O” bandierata era in pista anche nello sport, tra Formula Uno, sci ed atletica, ma che soprattutto era “over”, al di la di ogni utopica situazione riferibile al welfare ed alla conciliazione con il sociale, quindi antesignana del concetto di sostenibilità e di etica, che tanto sta a cuore del movimento diffuso in Italia e in quarantadue paesi d’Europa, che adesso torniamo a parlare di nuova cultura d’impresa. Il Comitato Nazionale Italiano Fair Play, che dal 2013 ha coniato il profilo della FAIR PLAY COMPANY, adesso scende in campo con CONFIMEA, Confederazione che somma centinaia di migliaia di piccole e medie imprese: si tratta di consolidare e di attivare sinergie e prassi, che potrebbero dare soluzioni taumaturgiche per macro obiettivi diversamente irraggiungibili, come la stessa estensione della cultura di prevenzione salute per i cinquantanove milioni di italiani che plaudono agli “azzurri” sul podio, ma penano per la loro condizione di inattivi, senza sostanziale diritto d’accesso all’attività fisica ed allo sport praticato. Questa è una delle vie che si vanno aprendo, passando dall’impresa del fair play al fair play dell’impresa. Per questo, salutando il Presidente Malagò al ritorno dai Giochi di Pechino, ricchi di successi, ma anche di seri irrinviabili motivi di riflessione, nel Salone d’Onore, con il Progetto CONFIMEA si comincerà a tessere la tela di un futuro diverso e ci saranno, con il Ministero della salute, i proconsoli di Roma Capitale, delle Istituzioni, dell’associazionismo ambientale proattivo come ONA – Osservatorio Nazionale Amianto ed Earth Day Italia, i curatori di IO CHIRON, POSTURA E’SALUTE, nonché le avanguardie avanzate delle agenzie formative e i top della comunicazione specializzata, come The Map Report – Canale 513 di Sky. E’ giunta l’ora di cambiare musica e lo spartito è pronto.