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Castelli Romani

Marino, Bibliopop: successo con pioggia per confronto su “Ricordi futuri” di Marco Onofrio

Malgrado il pomeriggio piovigginoso, ottima la cornice di pubblico al Bibliopop – parco Maura Carrozza – di Marino in versione estiva, con le sedie e i gazebo a copertura sistemati all’esterno, per la presentazione d’anteprima, sabato 1° luglio, di “Ricordi futuri. Scritti di Storia, Politica, Società”, il nuovo saggio di Marco Onofrio. Un libro molto potente e denso di suggestioni, che raccoglie 40 articoli con cui l’autore marinese ha inteso unire in patchwork diverse prospettive di approfondimento del mondo contemporaneo, analizzando la complessità di alcuni snodi critici fondamentali per il futuro dell’Italia e del pianeta.

Introdotto dal saluto di Sergio Santinelli, presidente di ACAB/Bibliopop, l’incontro si è sviluppato sotto forma di dibattito tra l’operatore culturale Maurizio Aversa, che ha svolto il ruolo di moderatore, e Giacomo Tortorici, direttore del Sistema Castelli Romani: entrambi hanno animato la discussione sollecitando con domande e “provocazioni” varie le riflessioni a tutto campo di Onofrio, che ha anche recitato dei frammenti del libro per meglio esplicitare, quando necessario, le sue idee. Aversa ha dato vita all’incontro leggendo una lettera dello scienziato Roberto Onofrio, fratello dello scrittore, impossibilitato per motivi di salute ad intervenire di persona. Così ha scritto dagli USA, dove vive e lavora in qualità di fisico teorico: «Il recente libro di Marco è un caleidoscopio che fornisce diversi elementi critici di riflessione sulla società attuale, sulla sua insostenibilità ambientale, sull’inquinamento morale prodotto dalle leggi del profitto, sull’impatto catastrofico della mentalità mercantilistica nell’educazione e nella cultura nel senso ampio del termine.

Non si propongono al momento soluzioni generali, se non quella di tornare a pensare con il proprio cervello». Infatti “Ricordi futuri” è un libro «teso a risvegliare le anime prima che sia troppo tardi». Cultura, lavoro, ecologia, economia, progresso, sviluppo, giustizia, pace, sovranità, politica, alienazione, manipolazione, “dittatura democratica” e, in una formula che tutte le racchiude, “transumanesimo” o, meglio, “fine dell’umanesimo” nel limbo anestetizzante della società “liquida” e tecnocratica globalizzata, sono solo alcune delle emergenze sollevate dal libro di Onofrio. La posizione dello scrittore, già noto per le fiammeggianti intemerate di opere precedenti (come il poemetto di civile indignazione “Emporium” o il pamphlet “Le segrete del Parnaso” dedicato alla denuncia delle mafie letterarie), è quella di un “apocalittico” eticamente rigoroso ma aperto ad eventuali semi positivi di cambiamento, peraltro sempre più difficili da ravvisare. Meno disperata e “nostalgica” di un passato ormai irrecuperabile, dunque più fiduciosa nel futuro – riguardo per esempio alle sconfinate potenzialità della tecnologia e dell’intelligenza artificiale – la visione di Tortorici, che pure si è detto sostanzialmente d’accordo con la maggior parte delle tesi sviluppate nel libro.

Dopo la fase dell’analisi, quella della sintesi ha portato ad interrogarsi sul “che fare?”, ed è qui che la cultura è parsa a tutti, sull’onda dei ragionamenti, àncora di salvezza irrinunciabile per svegliare gli individui dal torpore e spingerli, con l’ampliamento della consapevolezza, a rompere i circoli viziosi di assuefazione che impediscono un reale cambiamento. Del resto, non per puro esercizio di pensiero speculativo ci si è interrogati, sulla necessità, non sovrapponibile con la precedente esperienza storica, ma ugualmente drammaticamente auspicabile, di un nuvo “convegno degli intellettuali come quello dell’Eliseo” che nel 1977 fu voluto e positivamente egemonizzato da Enrico Berlinguer. «Non si tratta di fare barricate o usare violenza» – ha sostenuto Onofrio – «ma di cambiare anzitutto il modo di guardare le cose: è il primo passo per trasformare il mondo.

Ogni vera rivoluzione nasce dalla coscienza individuale: se non posso cambiare il mondo, posso cominciare a cambiarlo dentro di me! Ecco l’importanza dell’educazione, della democrazia reale, della cultura come vita. Tutte cose che il sistema aborre perché vive ed ingrassa su ciò che le nega e le rifiuta. Il popolo deve riprendere consapevolezza del proprio potere giacché, a dispetto delle vessazioni oligarchiche che guidano con logiche perverse le multinazionali, esercita il voto ogni volta che acquista o non acquista i prodotti, dunque è in grado di manipolare le leve dell’economia e le fluttuazioni dei mercati. Allo stesso modo, l’Italia dovrebbe riprendere in mano l’immensità della propria storia e, temperando certi errori strutturali di questa Unione Europea, pensata soprattutto appannaggio del Nord, dedicarsi alla propria connaturale vocazione talassocratica e mediterranea, guidando un dialogo di pace a 360° con le sponde dell’Africa e del Medio Oriente.

Se però la volontà si dichiara aperta all’ottimismo, la ragione resta intrisa di pessimismo: la realtà italiana parla infatti di una sovranità molto limitata, soggetta com’è a una situazione finanziaria e geopolitica internazionale che blocca i migliori intenti dei politici di “buona volontà”, quando ancora ve ne siano. E tutto, così, resta sospeso a pochi centimetri dall’abisso».  Quanto emerso alla luce del dibattito ha trovato una chiosa emblematica e per così dire “riassuntiva” nella musica del giovane rapper marinese Fra’ Sorrentino, che ha cantato due pezzi di successo dal suo repertorio: “Bon ton” e la novità “Oro”.  L’incontro è stato seguito con viva, palpabile attenzione dal pubblico, che alla fine ha posto domande e offerto spunti di riflessione meritevoli di sviluppo con un eventuale, ulteriore appuntamento.

Fabrizio Gerolla

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