(Adnkronos) – Severa la Banca Centrale Europea che ha sottolineato che il 90% delle grandi banche dell’Unione Europea non riesce a adeguare le proprie attività alla decarbonizzazione dell’economia. A prevederlo sono gli accordi di Parigi. Nel report ‘Rischi derivanti dal disallineamento dei finanziamenti bancari con gli obiettivi climatici dell’Ue” è emerso che il problema della gestione dei rischi climatici e ambientali riguarda gli istituti di maggior dimensione. “Da anni – scrive Frank Elderson, membro del cda della Bce – la Banca centrale europea spinge le banche a tenere conto delle considerazioni climatiche nel modo in cui valutano il rischio, ma gli istituti di credito non hanno prestato ascolto ai suoi avvertimenti e alle minacce di requisiti patrimoniali aggiuntivi”. Ma perché è così importante considerare i rischi climatici, ambientali e di transizione ecologica? Scopriamolo insieme. Con il termine ‘Accordi di Parigi’ si intende il trattato internazionale stipulato tra gli Stati membri della convenzione quadro delle Nazioni Uniti. L’oggetto del trattato era il cambiamento climatico e la riduzione di emissioni di gas serra. Era il 2015 e quell’accordo fu definito storico per l’impegno degli Stati verso un fenomeno che non poteva più aspettare: il rischio di un aumento della temperatura globale verso la soglia dei 2°C. Gli ultimi dati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change vede addirittura un aumento previsto verso i 3°C. Perché questo problema interessa le banche? A spiegare perché l’aumento della temperatura globale interessi anche le banche è Elderson che in merito ha affermato: “Più a lungo aspettiamo per trasformare la nostra economia, più dirompente sarà la transizione e maggiori saranno i rischi che si materializzeranno nei bilanci delle banche. È quindi fondamentale che le banche identifichino, misurino e, soprattutto, gestiscano i rischi di transizione, proprio come fanno per qualsiasi altro rischio materiale”. Alle aziende è stato quindi richiesto di adeguare i propri livelli di consumo e produzione di Co2 a quelli che sono dei tassi stabiliti dall’Unione europea nel ‘Fit for 55’. È per questo motivo che, affidandosi a finanziamenti bancari, anche i bilanci delle banche dovrebbero essere influenzate da questa dinamica. L’eliminazione graduale dei combustibili fossili, nel rispetto degli accordi di Parigi, potrebbe bloccare l’80% degli asset legati ai combustibili fossili. Ciò comporterà perdite, non solo finanziarie, ma anche reputazionali. “Per essere chiari: non spetta a noi supervisori dire alle banche a chi dovrebbero o non dovrebbero prestare credito – ha sottolineato Elderson -. Tuttavia, continueremo a insistere affinché le banche gestiscano attivamente i rischi man mano che l’economia si decarbonizza. E le banche non possono farlo senza essere in grado di identificare con precisione i rischi di transizione e il modo in cui evolvono nel tempo”. La Bce, a tal proposito, ha pensato ad una “valutazione dell’allineamento”. Si tratta di una metodologia in fase di sviluppo da parte delle autorità di regolamentazione e vigilanza che misura i rischi di transizione confrontando i volumi di produzione previsti nei settori economici chiave con il tasso di cambiamento richiesto per raggiungere determinati obiettivi climatici. La valutazione dell’allineamento può essere uno strumento prezioso per identificare e quantificare quali clienti affrontano i maggiori rischi di transizione. Mentre alcune banche impiegano strumenti di pianificazione alla transizione, altre hanno già iniziato a gestire i rischi attraverso il coinvolgimento attivo dei clienti e offrendo prodotti finanziari di transizione. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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