Prendete un conduttore pavese che si è smarrito dopo “Chi vuol essere milionario”. Portatelo, con gli autori, i concorrenti e tutto lo staff, a Barcellona per andare a registrare la versione italiana di un format israeliano. Aggiungeteci il canto del gallo, le domande al limite del nozionismo e degne del “Rischiatutto”, un regolamento più complicato, delle botole che si aprono quando vogliono e voilà, “Caduta libera” è pronto per essere trasmesso. A parte gli scherzi, il nuovo gioco di Gerry Scotti che, stando alle sue dichiarazioni, dovrebbe essere magnetico, sembra respinto da una parte della popolazione; la stessa semi-repulsione con un altro programma israeliano da noi adattato, ovvero “Si può fare” con Carlo Conti che né sfonda il muro degli ascolti né affonda. Come mai un quiz, sulla carta molto forte, da noi ottiene solo il minimo sindacale per una riconferma? Partiamo dalla conduzione. Il buon Virginio, come in “Avanti un altro”, fatica ad adattarsi al format, rallentando un gioco che, per il meccanismo ripetitivo, necessita di ritmo; ad accentuare tale difficoltà, la sua propensione a ripetere all’infinito il regolamento, stancando anche il più agguerrito appassionato del genere. A proposito del regolamento: nelle altre versioni il concorrente centrale poteva fermarsi e se li abbatteva tutti vinceva il premio massimo. Da noi, no! Oltre all’obbligo di giocare fino alla fine, c’è un gioco finale quasi impossibile, tarato in base alla cifra, e anch’esso punto dolente per gli aficionados dei telequiz; non a caso, l’unica vincita sinora ottenuta è di soli quindicimila euro su un montepremi potenziale di centomila. Tutto questo, in uno studio spagnolo con le luci basse, generalmente più colorato nella versione autoctona, contornato da un pubblico di potenziali pastori, visto quanto fischiano. Non oso immaginare un possibile adattamento di un altro quiz israeliano, dove per rispondere devi disinnescare le bombe… Altro che “Boom!”.
Matteo Lupini