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Editoriale

La grande crisi delle socialdemocrazie

C’era un tempo in cui i partiti socialdemocratici dominavano in modo pressoché completo la scena politica nei Paesi scandinavi, e avevano una presa molto forte anche in Germania e nel Regno Unito (dove si chiamano “laburisti”).

Ora quel tempo sembra definitivamente tramontato. La bella premier Sanna Marin ha perso le elezioni in Finlandia, cedendo voti ai partiti della destra tanto moderata quanto sovranista. Ci sarà quindi un governo di destra che, per i finlandesi, è una grande novità.

Stesso discorso per la Svezia, altro bastione storico della socialdemocrazia. Anche a Stoccolma, infatti, la destra vince a mani basse, particolarmente nella sua versione più estrema.

Che succede dunque? In Scandinavia la sinistra, analogamente a quanto è avvenuto in Italia, sembra aver perso il contatto con i cittadini comuni. Quest’ultimi vorrebbero sentir parlare dei problemi del lavoro e i socialdemocratici, invece, parlano in prevalenza dei diritti delle coppie arcobaleno.

Vorrebbero che venissero affrontati i dilemmi dell’immigrazione clandestina, e i rappresentanti della socialdemocrazia esaltano piuttosto i vantaggi della maternità surrogata.

Si è insomma verificato uno scollamento con gran parte dell’opinione pubblica, senza che la sinistra se ne renda ben conto. Si può anche rispondere che, in Germania, socialdemocratico è l’attuale cancelliere Olaf Scholz. Tuttavia il suo partito non è riuscito a conquistare la maggioranza, e il governo tedesco è preda dei contrasti tra le formazioni politiche che lo compongono, tutte più o meno dello stesso peso.

Non dissimile la situazione nel nostro Paese, dove l’avvento di Elly Schlein alla guida del PD, che dovrebbe in teoria essere un partito socialdemocratico, ha condotto all’esaltazione dei diritti di ogni tipo, e alla parallela sottovalutazione dei discorsi sui doveri (che sono altrettanto importanti dei diritti).

La crisi delle socialdemocrazie non è quindi destinata a finire in breve tempo. Proprio perché, ai loro vertici, manca la consapevolezza che il mondo è cambiato, e non serve molto inseguire le mode del momento. Servirebbe piuttosto recuperare u valori che in passato erano difesi da personaggi come Willy Brandt e Olof Palme.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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