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Editoriale

La Corea del Nord chiude i confini anche con gli alleati

La Corea del Nord, detta anche “Il Paese eremita”, è sempre più isolata. Dominata dalla dinastia comunista dei Kim, il cui ultimo esponente è il giovane dittatore Kim Jong-un, si trova in condizioni economiche drammatiche a causa del rigido collettivismo praticato dal regime.

Si spiega così il grande numero di fuggiaschi che, sfidando i ferrei controlli, tentano di rifugiarsi nella Repubblica Popolare Cinese e nella Federazione Russa. Si tratta di nazioni alleate di Pyongyang che, pur non essendo esempi di democrazia, garantiscono comunque ai cittadini nord coreani condizioni di vita più umane.

Per farla breve, il comunismo cinese appare più tollerabile di quello della Corea del Nord. Stesso discorso per la Russia di Putin, dove i dissidenti sono imprigionati e spesso eliminati, senza però che la popolazione venga costretta a sopportare frequenti carestie senza fiatare.

Ora anche questi due sbocchi non esistono più. Kim Jong-un ha ordinato di costruire un muro sul confine cinese (1400 km) e su quello molto più breve con la Russia (18 km). Come sempre accade nel “Paese eremita”, le guardie di frontiera hanno l’ordine di sparare a vista e senza esitazioni di sorta.

La Corea del Nord era già prima un enorme campo di concentramento, dove i cittadini sono sottoposti a un controllo pervasivo e senza limiti. Con le nuove misure lo diventa ancora di più, poiché la fuga sarà pressoché impossibile.

Esiste pure il confine con la Corea del Sud, ma qui i controlli sono severissimi. Dopo l’armistizio del 1953, le due Coree non hanno mai firmato la pace, e quella del Nord ribadisce ogni giorno la sua volontà di giungere alla riunificazione, ovviamente sotto un regime comunista.

I nord coreani scappati in Cina e in Russia si contano a centinaia di migliaia. Visti i buoni rapporti di Pyongyang con Mosca e Pechino, su di essi pende sempre la spada di Damocle del rimpatrio forzato, un’eventualità che non si può affatto escludere.

In realtà il regime di Kim Jong-un è utile sia ai cinesi che ai russi.  Com’è noto, il dittatore ha trasformato il suo Paese in una potenza atomica superarmata, e i suoi continui lanci missilistici servono a tenere sotto pressione tanto gli Usa quanto i loro alleati nell’area come Giappone, Corea del Sud e Filippine. Pechino ne approfitta per continuare a minacciare Taiwan, mentre Mosca riceve da Pyongyang rifornimenti militari assai utili nel conflitto ucraino.

L’alleanza “senza limiti” tra le due maggiori autocrazie del mondo trova insomma nella Corea del Nord un’utilissima sponda, e poco importa che a pagarne le spese sia una popolazione tra le più povere del pianeta.

Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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