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JUVE: LE DIMISSIONI PER ESSERE PIU’ FORTI

Le dimissioni per essere più forti: strana terra, l’Italia, stipata oltre l’invero simile, di avvocati, pubblici ministeri, esperti di contabilità aziendale, presidenti e membri di Consigli di Amministrazione, poeti e navigatori.

Dalla drammatica sera di lunedì 28 scorso, la fioritura di economisti e giuristi non certificati da effetti probanti, tipo laurea o lavori nel settore, ma dall’autoinvestitura tout court, basta la parola, ha del miracoloso.

Documentarsi, leggere, ascoltare, sforzarsi di capire? Verbi ormai fuori corso, come le vecchie amate lire. Perdite di tempo ed il tempo, per un autoeletto “esperto” è prezioso, non fosse altro per anticipare un altro altrettanto “esperto” nella corsa a chi le spara più surreali.

Parlo dei commenti e delle prese di posizione circa le dimissioni del C.d.A. della Juventus e di tutte la implicazioni del caso, giudiziarie e sportive.

Sarà quindi il caso di fare un minimo di luce a proposito, ma solo un poco, siamo in clima di risparmio energetico e non si può sprecare.

Il fulmine a ciel sereno dell’azzeramento dei vertici della Juventus F.C. S.p.A. ha gettato una luce sinistra immediatamente sulle ombre che molti sono subito corsi a mettere in evidenza. Salvo non chiedersi, che non è cosa da poco, perché una società perennemente adattata a stare sotto i riflettori, prenda un decisione così drastica e così improvvisa. Della serie: quella sera, non sapendo come trascorrere il tempo in compagnia, la dott.ssa Marilungo si concede l’ebrezza di sbattere la porta e, invidiosi di tale conquista, tutti gli altri le vanno dietro.

Era ovvio che nelle retrovie ci fosse una ben precisa regìa, anzi nientepopodimenoché la coppia di cugini John Elkann e Andrea Agnelli. Come? Il presidente dimissionario che congettura col proprietario della società di fare “tabula rasa”? Proprio così, mandando a gambe all’aria il tentativo di arrestare (sic!) Agnelli per possibilità di reiterazione del reato; rilanciando la costituzione di un nuovo C.d.A. di esperti (questi per davvero e non per dovere di alimentare sedicenti gruppi social), pronti a dare battaglia nelle sedi appropriate; azzerando eventuali conflitti interni, come ad esempio le frizioni tra falchi e colombe in fatto di difesa giuridica e la non unanimità conclamata.

E’ in altri termini la presa di posizione di chi vuole difendere il “giocattolo” e passare ad una seconda fase, quella del contrattacco.

E’ tanto vera la cosa che in pochi momenti viene annunciato il nuovo Presidente nella figura del dott. Ferrero, commercialista dal curriculum più lungo dell’attesa dell’ultimo bus a mezzanotte e convintamente juventino. Insieme a lui l’altro nome che si fa è quello del dott. Scanavino, in qualità di direttore generale. Come a dire, le cariche topiche sono già assegnate. Sarebbe questo l’indizio di una società allo sbando? Tutt’altro. La Proprietà non smobilita, anzi si radica attraverso suoi uomini fidati. E tutto ciò si verificherebbe se non ci fossero sufficienti certezze sulla liceità dei movimenti sotto la lente di ingrandimento della Procura?

Si riapre il filone sportivo, forse. Già, perché è da dimostrare che si possa riaprire una sentenza passata in giudicato, anche in sede di Giustizia Sportiva. Così è, anche se certuni canali di informazione montano il caso “ad usum aediculae” (tradotto, per vendere più copie). Al netto di tutto, pare che la Juventus possa essere colpita da ammende e punti di penalizzazione, ma ci sono evidenti appigli per pretendere l’archiviazione.

Un quadro rassicurante, quindi. Quando si parla di Organi Ufficiali del settore sportivo, di rassicurante non c’è nulla, perciò è sempre meglio vegliare con gli occhi ben aperti. Ma non è il caso di abbandonarsi alla disperazione, atteggiamento di buona parte di una tifoseria che spesso confonde le questioni giuridiche con l’allontanamento di Allegri, unico tesserato della Juve, che viene fuori rafforzato dalla vicenda. Certamente la Juve si sta preparando allenando i muscoli, tutto il contrario della solitudine che dovette subire nel 2006, ai tempi di Calciopoli. Questo è il messaggio finale soprattutto ai “praticanti” di tafazzismo, pratica obbligata per i carenti di carattere, sparsi nelle fila del tifo di “pancia”, diffusi lungo tutta la Penisola.

Sarebbe il caso di ricordare che il motto “fino alla fine” è uno stile di vita, non uno stravagante orpello sul colletto interno delle maglie da gioco.

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Marco Edoardo Sanfelici

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