Ha destato grande allarme il sabotaggio dei due gasdotti Nord Stream 1 e 2, che sta causando gravi danni ecologici nel Mar Baltico. La vicenda impaurisce i governi delle nazioni – in primo luogo Svezia e Danimarca – che si affacciano per l’appunto sulle acque del Baltico, poiché non è facile rimediare ai danni causati dalla fuoruscita del gas.
Non si tratta, tuttavia, soltanto di una vicenda che riguarda l’ecologia, dal momento che l’area è uno dei maggiori epicentri della tensione che coinvolge la Federazione Russa da un lato, e l’Unione Europea dall’altro. E’ già partita la caccia ai colpevoli.
Americani ed europei accusano i russi, i quali con un simile atto intenderebbero rafforzare ancor più il ricatto energetico nei confronti della UE. Bisogna notare, però, che tale ipotesi presenta delle controindicazioni, giacché la Russia subisce un notevole danno economico dalla perdita del gas.
L’altra ipotesi in campo è che a sabotare siano stati gli americani, per spingere gli alleati europei ad affrancarsi definitivamente dalla dipendenza dal gas russo. Anche se niente si può escludere in una situazione di grave tensione come l’attuale, bisogna riconoscere che questa seconda ipotesi suscita molte perplessità.
Purtroppo la vicenda mette in luce la grande vulnerabilità di strutture come i gasdotti, in particolare quando il flusso del gas passa sott’acqua. Alcuni esperti svedesi hanno subito fatto notare che sabotaggi di questo tipo non presentano eccessive difficoltà per coloro che possiedono gli strumenti tecnici per metterli in atto.
Non è detto, per esempio, che responsabili debbano essere necessariamente degli Stati nazionali. Qualsiasi organizzazione terroristica dotata di mezzi adeguati piò realizzarli. E l’interesse di tali organizzazioni è proprio quello di realizzare azioni eclatanti per aumentare un caos internazionale che ha già raggiunto livelli limite dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Basti pensare alla relativa facilità con cui il terrorismo islamico portò a termine la distruzione delle Twin Towers a New York nel 2001. I gasdotti non sono protetti militarmente, e colpirli – fanno notare gli esperti – può risultare più facile di quanto si creda comunemente.
Inoltre il Mar Baltico è molto trafficato, e per gli attentatori sarebbe abbastanza facile nascondersi tra le navi mercantili che percorrono quelle acque e realizzare il loro piano. I tubi dei gasdotti sono lunghi oltre 1.200 chilometri, dal che la loro vulnerabilità risulta ancora più evidente.
Sembra lo scenario di un film di James Bond. Tutti rammentano l’organizzazione Spectre, dedita al terrorismo su scala internazionale e indipendente da qualsiasi Stato. Evocarla in questo caso è forse fantascienza (o fantapolitica), ma in una situazione come questa, per l’appunto, nulla si può escludere.
Senza scordare che, per la prima volta nella storia dell’Europa, la minaccia della guerra nucleare appare una possibilità concreta. Nessuno, insomma, può dormire sonni tranquilli, almeno fin che dura il sanguinoso conflitto in Ucraina.
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