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IL NUMERO CHIUSO A MEDICINA DEVE ESSERE OTTIMIZZATO, NON ABOLITO

È di questi giorni la notizia di una cospicua entità (oltre il 60%) di giovani
risultati non idonei al recente test d’ammissione per l’accesso alla
facoltà di medicina. Sono risultati idonei 28.793 partecipanti contro i
38.715 dello scorso anno. Gli iscritti quest’anno, per 13.152 posti,
erano 65.378 (hanno partecipato 56.775) contro i 63.972 dello scorso
anno (quando parteciparono effettivamente 55.117). Il punteggio minimo
è fissato in 20 punti per il test d’ammissione di 100 domande.

Questi dati, a una politica poco attenta e lungimirante, potrebbero
apparire un’ulteriore prova dell’inutilità del test di ammissione e
suggerire l’adesione al cosiddetto “modello francese” che prevede
l’accesso aperto al primo anno di medicina e vari blocchi durante il
corso di laurea. “Tale proposta – commenta Giammaria Liuzzi,
Responsabile Nazionale Anaao Giovani – oltre ad essere nociva per
l’intero sistema universitario italiano, è utopistica: attualmente non
vi sono le strutture per accogliere un tale numero di aspiranti e anche
nel caso ci fossero, sarebbe un ingente spreco di risorse pubbliche per
formare un superfluo numero di medici che andrebbero a creare una
mastodontica pletora lavorativa”.

“Il numero programmato, erroneamente e strumentalmente definito numero
chiuso – prosegue Liuzzi – rappresenta invece un valido e indispensabile
strumento per garantire quella programmazione sanitaria propria di tutti
i paesi evoluti in cui l’erogazione delle cure è garantita mediante un
Sistema Sanitario Nazionale pubblico e gratuito. Nel cosiddetto “sistema
francese”, che gli stessi francesi hanno recentemente dichiarato di
voler accantonare virando verso il “sistema italiano”, gli sbarramenti
consistono nella media dei voti conseguiti in ogni anno accademico per
tutti coloro che vogliono iscriversi al corso di laurea in medicina. È
bizzarro considerare che un sistema di valutazione non standardizzato
come un esame universitario, con immense differenze procedurali tra le
varie facoltà e dove è facile “influenzare” i professori esaminatori
per concedere un punteggio eccellente, possa essere ritenuto più
meritocratico di un test a crocette che viene svolto in maniera sincrona
a livello nazionale”.

“Andando oltre la questione di merito, vi è una non secondaria
questione di metodo: tra le domande somministrate quest’anno al test di
ammissione vi è la comprensione dell’Editto de Beneficiis del 1037,
riguardante il sistema feudale del vassallaggio, di tale Corrado II il
Salico, oltre a una domanda in cui si chiedeva di individuare la
differenza tra il sonetto e il poema epico dopo una comprensione di un
testo scritto. È quanto di più anti-meritocratico utilizzare tali
domande per individuare l’attitudine di un giovane a diventare medico e
non possiamo nemmeno immaginare la frustrazione di coloro che non sono
riusciti ad essere tra i 13.152 vincitori di concorso a causa della loro
non conoscenza di un editto del 1037”.

“Pertanto – conclude Liuzzi – il test di ammissione al primo anno può e
deve essere ottimizzato mediante la somministrazione di sole domande
attinenti all’ambito medico-scientifico e soprattutto i candidati devono
avere a disposizione con largo anticipo una bibliografia di riferimento
semplice, chiara e facilmente fruibile. Solo un test d’ammissione così
ottimizzato può in maniera meritocratica e standardizzata individuare
coloro che hanno predisposizione nella pratica clinica, nella gestione
del paziente e nell’erogazione delle cure necessarie”.

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Fabrizio Gerolla

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