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Editoriale

I migranti hanno sempre ragione (e noi torto)

C’è poco da fare e occorre rassegnarsi. Se uno dei migranti sbarcati in massa nel nostro Paese adotta comportamenti scorretti, oppure – caso non certo infrequente – commette reati, la colpa non è sua. Bisogna tener conto del “contesto” ammettendo che i veri colpevoli siamo noi, visto lo spaventoso (?) passato coloniale che abbiamo alle spalle.

Gran parte dei mass media, del mondo politico e della stessa società civile italica hanno ormai adottato senza esitazione alcuna questo schema concettuale, che sta diventando con rapidità crescente l’ultimo paradigma indiscutibile del “politicamente corretto”. E chi invece lo mette in discussione è subito accusato di essere un leghista anche se, come il sottoscritto, con la Lega nulla ha a che fare.

E’ un continuo stillicidio di episodi, piccoli e grandi, che affollano le cronache suscitando dibattiti che spesso lasciano stupefatti. L’ultimo si riferisce alla poliziotta picchiata e violentata a Napoli.

A questo punto parrebbe naturale leggere commenti in cui si dice che il migrante deve rendersi conto di essere un ospite. Gli si dovrebbe far capire in primo luogo che non è a casa sua, e non può quindi permettersi di minacciare addirittura una donna in divisa. In secondo luogo, sarebbe pure opportuno insegnargli che simili aggressioni non sono lecite nemmeno nel suo Paese d’origine.

Molti si preoccupano di sottolineare che occorre gettare acqua sul fuoco. Quest’ultima è necessaria poiché coloro che la pensano in modo diverso sbattono subito contro un muro compatto di benevolenza e di buonismo, che protegge i dettami del politicamente corretto già citato in precedenza.

L’episodio, di per sé, non è affatto piccolo, come non sono piccole le proteste dei migranti che non gradiscono gli alberghi in cui vengono alloggiati, lamentando a volte l’assenza del Wi-Fi nelle camere.

Tuttavia i segnali sono inquietanti, anche perché la nostra intelligence da tempo lancia allarmi circa la presenza di terroristi tra chi sbarca. E se invece di parlare del buonismo cominciassimo a denunciare la dabbenaggine italiana? Non servirebbe a molto, ma farebbe almeno capire che parecchi non la condividono.

Dopo tutto, in Svezia e in altri Paesi è già iniziata un’inversione di tendenza circa le politiche dell’immigrazione. La speranza è che anche da noi si cominci finalmente a ragionare, senza farsi condizionare dal “politically correct”.

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Michele Marsonet

Filosofo, Professore di filosofia della scienza e metodologia delle scienze umane, Presidente del dipartimento di filosofia e vicerettore per le relazioni internazionali dell’Università di Genova

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