(Adnkronos) – Come da prassi degli ultimi anni, anche il dibattito sulla transizione ecologica è diventato oggetto di polarizzazione e di scontro tra due schieramenti. Rientra in quest’ambito la finanza sostenibile, importante asset per la transizione, ma oggetto di diversi pregiudizi da parte degli scettici. Un gruppo di lavoro del Forum per la Finanza Sostenibile ha redatto un paper per dimostrare l’infondatezza di dieci argomenti utilizzati dai detrattori degli investimenti Esg: “La finanza sostenibile oltre i pregiudizi”, finalizzato anche a rendere la finanza sostenibile un motore del progresso economico, sociale e ambientale. “Era prevedibile che con la crescita delle masse gestite con i criteri ESG e il rafforzamento del posizionamento istituzionale europeo della finanza sostenibile si sarebbero sollevate critiche da parte di chi ha interesse a rallentare il processo di giusta transizione”, ha commentato Francesco Bicciato, Direttore Generale del Forum per la Finanza Sostenibile. Negli Stati Uniti lo scetticismo ha scatenato accuse che vanno dall’inganno e dall’inefficacia a un’agenda segreta per imporre al capitalismo e alla società i cosiddetti “woke value” (un termine gergale per indicare un attivismo progressista basato sulla convinzione di ingiustizie sistemiche negli Stati Uniti). “Il Forum – continua Bicciato – risponde in modo rigoroso e seguendo i principi science based, con un approccio scevro da ogni posizione ideologica e adottando come sempre un’attitudine costruttiva e non distruttiva, a tutela degli investitori impegnati nel sostegno finanziario allo sviluppo sostenibile”. Il pregiudizio per eccellenza è che la finanza sostenibile serva solo a far girare più soldi nel mondo della finanza, prevedendo commissioni più alte di quelle ordinarie. Parte proprio da questo punto il paper “La finanza sostenibile oltre i pregiudizi” dimostrando che la finanza sostenibile: – non ha costi più elevati, anzi, in media le commissioni sono più basse nei prodotti Sri rispetto ai loro omologhi tradizionali; – garantisce performance migliori nel medio-lungo periodo rispetto ai fondi tradizionali. Il paper si occupa poi dei rischi da molti considerati più alti per gli investimenti sostenibili. Secondo il paper, in realtà “l’analisi ESG sottostante a tali prodotti consente piuttosto di identificare minacce altrimenti sottovalutate, permettendo così di mitigarle e capitalizzare invece le opportunità derivanti da pratiche sostenibili e responsabili”. Una posizione condivisa anche da Jon Hale, direttore della ricerca sulla sostenibilità di Morningstar Sustainalytics in America: “Gli investimenti sostenibili e l’attenzione ai fattori ambientali, sociali e di governance sono diventati centrali negli investimenti negli ultimi anni. La rapida crescita è stata stimolata dalla necessità per gli investitori di considerare i rischi non finanziari posti da problemi che vanno dal cambiamento climatico all’esaurimento delle risorse naturali, alle condizioni dei lavoratori lungo tutta la catena di approvvigionamento, all’etica aziendale e alle disparità di ricchezza”. Una preoccupazione, quella del rischio dell’investimento, che passa anche dal ruolo degli Stati, che non vanno considerati semplici regolatori del settore finanziario, ma veri e propri protagonisti: “Nel momento in cui un governo si impegna ad allineare le proprie politiche pubbliche a determinati obiettivi di sostenibilità, per esempio aderendo all’Accordo di Parigi – spiega il paper – si posiziona esplicitamente come un attore chiave nell’ambito finanziario. L’impegno nella lotta al cambiamento climatico richiede infatti che un governo non sia soltanto un regolatore, ma che sia partecipante attivo nelle questioni finanziarie. In Europa, questa prospettiva è stata accolta non solo con l’istituzione di obiettivi definiti e prefissati, ma anche tramite l’approvazione di normative in sostegno di tali sforzi”. Ciò non significa, tuttavia, che ci siano solo luci e nessun’ombra. Nonostante le recenti normative europee volte a migliorare la trasparenza e la quantità delle informazioni disponibili, “permangono infatti ancora delle sfide, tra cui un’insufficiente standardizzazione dei dati, lacune nei dati, difficoltà nella comprensione dell’importanza dei temi ESG e potenziali problemi di etichettatura e rating, che danno adito alle pratiche di greenwashing. Al fine di evitare le pratiche di greenwashing, il paper individua due strade: – Maggiore standardizzazione delle regole e dei criteri per valutare i rischi Esg; – rafforzamento e consolidamento delle regole per rendere più efficaci i controlli. Bisogna poi sottolineare che l’incertezza sulle regole dà spazio a un altro fenomeno negativo per la transizione ecologica: il green hushing, poco conosciuto ma molto frequente tra le aziende italiane. Il green hushing consiste nel non comunicare o comunicare in maniera ristretta le proprie iniziative e i propri obiettivi in materia di sostenibilità ambientale, spesso per il timore di essere criticati o accusati di greenwashing. Tra le cause anche l’incertezza sull’efficacia e sulla misurabilità delle proprie politiche ambientali; la scarsa consapevolezza o importanza attribuita al tema della sostenibilità, considerato come un costo e non come un investimento e la volontà di mantenere un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti, evitando di rivelare le proprie strategie e i propri risultati. Il gruppo di lavoro del Forum sottolinea che, per evitare tali pratiche fuorvianti, sia ancora necessario “compiere sforzi di standardizzazione e consolidamento per semplificare la raccolta, il reporting e l’analisi dei dati ESG”. Passando al rapporto tra aziende, società emittenti ed azionisti, il paper sostiene che il voto dell’azienda, cioè il diritto degli azionisti di esprimere le proprie preferenze sulle decisioni strategiche delle società in cui investono, abbia un impatto sulle politiche degli emittenti, ovvero quelle società che emettono titoli finanziari. Il voto, spiega ancora il Forum per la Finanza Sostenibile, è uno strumento importante per influenzare la governance delle società e per promuovere la creazione di valore sostenibile nel lungo periodo e quindi di benefici economici, sociali e ambientali per gli investitori e per la collettività. Il paper “La finanza sostenibile oltre i pregiudizi” riconosce poi l’importanza dell’engagement, cioè del dialogo tra investitore ed emittente sulle questioni di sostenibilità, come il rispetto dell’ambiente, dei diritti umani, delle norme etiche e delle buone pratiche di governo societario. I redattori spiegano che l’engagement è un processo di lungo periodo, che punta a migliorare i comportamenti dell’emittente e a renderlo più trasparente, cioè a fornire informazioni chiare e complete sulle sue attività e sulle sue performance. Il 2024 è l’anno in cui entra concretamente in vigore la Direttiva Csrd sulla rendicontazione di sostenibilità, uno spartiacque in materia. Con riferimento alle normative emanate in Europa in tema di finanza sostenibile, il paper sostiene che queste normative penalizzano sempre di più i soggetti che decidono di esternalizzare i costi, cioè di ignorare o nascondere gli impatti negativi delle loro attività, e incentivano invece quei soggetti che adottano pratiche responsabili e trasparenti. Per il Forum, insomma, è proprio la finanza sostenibile che permette di smascherare eventuali pratiche ingannevoli perché porta alla luce i costi che le aziende decidono di esternalizzare per garantirsi migliori risultati di redditività nel breve termine, esponendosi però al rischio di portare a impatti negativi sull’ambiente, sulla società o su altri stakeholder. “Evidenziando la fonte di questi costi, (la finanza sostenibile) consente agli investitori di prendere decisioni informate sulle loro scelte di investimento”, si scrive nel report. È il caso di un’azienda che decida di far produrre ad un’altra un prodotto a grande impatto ambientale, per non porre la responsabilità in capò a sé stessa. Le norme di finanza sostenibile, invece, indagando i rapporti e le pratiche commerciali, nonché i rapporti intrasocietari, svela queste dinamiche e tutela gli investitori. Per il 2024, si prevede che l’emissione di obbligazioni globali verdi, sociali, di sostenibilità e legate alla sostenibilità (Gsssb) continuerà a crescere, con il focus sull’emissione di obbligazioni verdi. Questa crescita si verificherà in un contesto di difficoltà per i mutuatari di tutte le classi di attività, caratterizzato da condizioni di finanziamento più severe e condizioni economiche più deboli. Nonostante le sfide, la crescente urgenza intorno alla decarbonizzazione dell’economia potrebbe spingere il mercato Gsssb verso il trilione di dollari. Nonostante gli scettici. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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