Oggi come oggi, tre anni fa, giunse come fulmine a ciel sereno la notizia della morte, per evento senz’appello, dell’amico di tutti noi, Michele De Lauretis, il più giovane per spirito ed anche per età di un gruppo di combattenti e reduci dell’atletica romana, che da un po’ s’incontrava al Canottieri Todaro. Francamente, per me, quell’evento è stato metaforico, rivelatore di un reale virtuale in cui siamo immersi ed in cui troviamo la quotidiana motivazione alla vita, nella inconsapevolezza che tutto quello che stiamo immaginando – ed anche con pervicacia creando – è comunque un effimero dal valore relativo, basato sulla memoria del gruppo, sino all’ultimo dei sopravvissuti. Ecco perché, l’immaterialità delle rimembranze soggette al degrado del tempo andrebbero trasformate in qualcosa di materiale, durevole, sempre che ne valga la pena. Purtroppo, viviamo in un Paese con una collettività che non trova modo di dar vita a quello che potrebbe essere lo straordinario Museo Nazionale dello Sport Italiano, ben diverso e superiore per qualità da tutti gli altri, il Louvre dello sport mondiale. Quindi, figuriamoci cosa potrà avvenire della nobile, ma labile memoria relativa alla saga dell’atletica romana tra i primi anni cinquanta e la fine degli anni ottanta, con l’allerta di questi giorni determinato dalla notifica relativa alla chiusura formale della gloriosa sezione del CUS Roma. Ecco, sono sicuro che Michele De Lauretis, filosofo tra i maestri di sport, ne avrebbe tratto spunto e ci avrebbe convocato nella saletta ristorante del Circolo sulla riva sinistra al Tevere, laddove facemmo una ultima foto di famiglia con componenti originari e aggregati di una vicenda che andrebbe rispolverata, naturalmente con l’attenzione che si pone nei confronti delle memorabilia rese fragili dal tempo . Il concetto di salvaguardia per legge di tutela alla stregua dei beni storici culturali andrebbe applicato per tutte le società e le organizzazioni ultracentenarie o comunque storiche dello sport nel Bel Paese, ma chi si occupa concretamente ed a pieno titolo di cultura sportiva, se non alcune delle nobili ma povere Associazioni tra le Benemerite ? E allora ? Allora torniamo agli amici, ai volontari, agli studiosi illuminati, ai collezionisti, ai cultori di storia locale e magari di sport. Giustamente, per quanto riguarda l’atletica e non solo del CUS, qualcuno ha tentato di ricordare e di mettere insieme qualche tessera di un mosaico complesso di fatti e personaggi, che hanno avuto ruolo diretto ed indiretto nella storia locale, nazionale, internazionale, non soltanto sportiva. Tutti ricordiamo gli atleti che hanno salito il podio e qualche dirigente, ma se si riuscisse da dar vita a forme di approfondimento adeguate, si potrebbe arrivare a molto di più, a dare materia di riflessione a chi dello sport fa scienza per l’evoluzione positiva del sociale, per guardare con chiarezza al futuro sulla base delle certezze del passato. Io torno sempre alla pietra angolare, a quel personaggio fondamentale che fu Bruno Zauli, che tra le tante intuizioni ebbe quella di portare a Roma un soggetto unico com’era Alfredo Berra. Se ci pensiamo bene, tutto maturò nel laboratorio dell’alchimista , diffuso nel tempo e nello spazio, che fu istallato tra la FIDAL, l’UISP, i rioni , le borgate e l’hinterland romano, le redazioni del Corriere dello Sport e di Teleflash, i gruppi sportivi scolastici, i campi della Farnesina, delle Terme, degli Eucalipti, delle Aquile, il Galoppatoio di Villa Borghese con prodotti atti alla trasmutazione, come la Coppa Speranze, il Palio dei Quartieri, l’Atletica Amatori, le società dei “liberi” con il CPAL (Centro Propaganda Atletica leggera), il “testaccino” G.S. Capitolino e poi in Club Atletico Centrale, il di cui alfiere, Giancarlo Peris, fu ultimo tedoforo ai XVII Giochi; quindi , a conclusione morale del periodo, il capolavoro post olimpico, il primo Meeting Internazionale dell’Amicizia alle Terme. La Sezione Atletica del CUS Roma, di cui ragioneremo adeguatamente in prossime puntate, fu quindi erede in linea diretta di quel patrimonio inestimabile nel corso del 1961, quando la congiuntura astrale ed economica ne creò le condizioni. Allora si registrò una impennata verticale, quella da cui sarebbero scaturite mille caleidoscopiche novità, sino al ribaltamento della stessa storia federale con l’affermazione della corrente di rinnovamento e l’avvento di Primo Nebiolo alla Presidenza della FIDAL nel 1969 e successivamente del CONI (vice presidente) della EAA, della IAF, dell’ASOIF e quindi nel Consiglio del CIO, massimo risultato cui arrivò successivamente anche Mario Pescante (vice presidente) secondo frazionista della storia, primo presidente dell’atletica al CUS Roma, con il testimone raccolto da Berra, dopo aver traguardato la Segreteria Generale e la Presidenza del CONI.
Ruggero Alcanterini
Direttore responsabile de L’Eco del Litorale