E’ troppo presto per sostenere che Donald Trump sia definitivamente fuori gioco nello scenario politico USA. Certo la sconfitta subita dai candidati trumpiani nelle recenti elezioni di Mid Term è destinata a pesare moltissimo sul futuro suo e dei suoi seguaci che, nonostante tutto, continuano ad essere tanti.
Tuttavia è pure chiaro che nel Grand Old Party (il Partito repubblicano) è in atto un ripensamento profondo, tanto tra gli elettori quanto nella dirigenza. Si è insomma rotto l’incantesimo che legava il tycoon di New York a vasti strati dell’elettorato repubblicano.
Il suo slogan preferito, Make America Great Again (MAGA) ha perduto il fascino che aveva in precedenza, e la sua oratoria incendiaria non basta più a coprire le falle evidenti della sua visione politica.
A ciò va aggiunto il fatto che Joe Biden e i democratici, contrariamente alle aspettative generali, sono riusciti a conservare la maggioranza al Senato, perdendo la Camera dei rappresentanti solo di misura.
Questo indica, ancora una volta, che non bisogna mai fidarsi troppo dei sondaggi, errore che gli americani fanno molto spesso. Biden era dato in caduta libera nei sondaggi, mentre poi si è visto che la sua popolarità presso gli elettori è maggiore del previsto.
Facile concludere che molti cittadini USA si sono stancati della passione di Trump per il complottismo, e della sua vicinanza a strane sette dal carattere più o meno esoterico che lo hanno appoggiato con forza negli ultimi anni.
Trump ha tentato, ancora una volta, di utilizzare l’arma del “voto rubato” che, in precedenza, aveva convinto tanti cittadini, spingendoli a considerare Biden un presidente “illegittimo”. Ma era chiaramente una “bufala”, ora riconosciuta in quanto tale.
Il declino trumpiano apre nuovi scenari nel Partito repubblicano e nel mondo politico USA in generale. Tra i repubblicani possono rialzare la testa gli esponenti che si erano opposti con forza alla narrazione del tycoon, come per esempio Liz Cheney, figlia dell’ex vice-presidente di George W. Bush, Dick Cheney.
Ma possono tornare a respirare anche dei repubblicani moderati come l’ex vice-presidente Mike Pence, minacciato di morte durante l’assalto al Campidoglio perché aveva rifiutato la richiesta trumpiana di dichiarare illegittima la vittoria di Biden nelle ultime elezioni presidenziali.
Se i moderati riusciranno a compattarsi, magari chiedendo l’appoggio di Bush e di altre figure di grande esperienza, potranno tornare ad essere ciò che sono sempre stati, e cioè un partito conservatore nel senso classico del termine. Mettendo a tacere i fantasmi eversivi scatenati dall’assalto al Campidoglio.
E sarà possibile, infine, ristabilire una normale dialettica democratica tra i due maggiori partiti USA, interrompendo l’incomunicabilità assoluta che l’avvento di Trump aveva causato.
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