“Evitare gli assembramenti in questo periodo è necessario, ma sarà complesso arginare il bisogno istintivo di vicinanza anche a causa della ‘sindrome da deprivazione sensoriale’. Un ruolo non secondario gioca anche la naturale spinta alla socialità e il bisogno di appoggio emotivo in situazioni di difficoltà nel presente con paura per il futuro”. Adelia Lucattini psichiatra e psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e International Psychoanalytical Association (IPA) avverte che “anche involontariamente in questa Fase 2 saremo portati ad avvicinarci fisicamente agli altri, non solo per istinto o per un desiderio inconscio più forte dopo situazioni di isolamento e quarantena. La mente porta a ricreare la ‘giusta distanza’ psichica e fisica col prossimo, rafforzata in modo esponenziale da un preciso disturbo che si sviluppa in situazioni lunga permanenza al chiuso: la ‘sindrome da deprivazione sensoriale’”.
Quando si resta per molto tempo al chiuso, in casa come in ospedale “udito, vista e sensazioni corporee non vengono più stimolati come accade normalmente in modo differenziato da luce, rumori e variazioni della temperatura esterna – spiega l’esperta – “possiamo esserne colpiti noi adulti, se confinati in una stanza in smart working, ma anche bambini e adolescenti che stanno praticamente tutto il giorno, da mesi, nella loro camera dove hanno tutto quello che serve: giochi, libri, strumenti elettronici, piattaforme social e anche la scuola on-line”. “Questa sindrome – aggiunge – “è anche alla base del bisogno di molti di voler rimanere a casa, non tornare subito sul luogo di lavoro o di voler fare esami e maturità on-line”.
Per quanto riguarda i sintomi “la percezione dei confini corporei diminuisce, per cui sentiamo il nostro corpo come più leggero e cominciamo ad avvertire una sensazione di rilassamento: è il motivo per cui i bambini, dopo un po’ di tempo a casa, si tranquillizzano e si ha quella che viene chiamata ‘risposta parasimpatica’ – sottolinea – l’organismo e la mente si trovano a essere inconsciamente sollevati dal monitorare la temperatura corporea e l’assetto gravitazionale (che occupano il 90% delle risorse mentali) cioè la nostra posizione nello spazio, quello che ci permette di prendere le giuste distanze e muoverci senza incidenti”. Iniziamo inoltre a produrre una maggiore quantità di sostanze associate al benessere psicofisico come le endorfine: per questo, se da una parte vi può essere una sensazione di allentamento delle tensioni corporee e diminuzione dello stress psicologico, dall’altra si può avvertire stanchezza, pesantezza fisica e fatica nel fare anche le cose abituali”.
Si tenderà quindi a non voler uscire troppo e, se lo si farà, a rintanarsi subito in altri luoghi chiusi, dove le persone si sentiranno più protette, proprio per essersi disabituate a stare fuori e per le difficoltà nel riadattarsi a spazi aperti. Per esempio, saremo portati a entrare nei negozi in numero maggiore di quanto consentito col rischio di diventare aggressivi per la tensione accumulata e spinti dalla necessità di mettersi istintivamente al riparo da troppe stimolazioni esterne. Quindi “le attività all’aria aperta potranno trasformarsi “spontaneamente” in piccoli assembramenti per l’inconscia e impulsiva ricerca di un “rifugio” e di una limitazione degli stimoli, ma anche per la necessità di ritrovare il proprio confine corporeo, fisico e mentale, aiutati dalla presenza degli altri”. “Pertanto la Fase 2 dovrà essere gestita molto bene e con piena consapevolezza di questo problema, perché altrimenti sarà molto difficile attenersi e far rispettare le distanze”.
“Coloro che alle prime riaperture si sono assiepati, come è avvenuto lungo i navigli a Milano, rimanendo per molte ore fuori casa, “con tutta probabilità avevano già un’abitudine a stare all’aria aperta, prima ancora che finisse la quarantena”– fa notare l’esperta – “magari perché avevano un giardino o un terrazzo o perché sono andati quotidianamente a fare la spesa o in farmacia. Insomma, si tratta persone che hanno vissuto meno al chiuso, avendo la fortuna di avere a disposizione degli spazi privati all’aperto o la possibilità giustificata di uscire”.
Attenzione agli adolescenti, avverte Lucattini, perché “tenderanno a riunirsi gli uni a casa degli altri per stare in compagnia, ma evitando l’aria aperta e violando così le regole non per una trasgressiva oppositività, ma proprio per una difficoltà a stare a lungo all’aperto. Possono poi avere la tendenza quando si incontrano a stare molto vicini fisicamente: così da ridurre il disturbo sensoriale e naturalmente ricreare una condivisione affettiva e consolidare l’amicizia”.
“I bambini, che si erano adattati molto bene alla situazione di isolamento per la gioia di stare in casa in famiglia, se non sono usciti affatto di casa e vengono portati improvvisamente all’aperto, saranno molto infastiditi dalla luce e dai rumori diventando iperattivi. Per loro sarebbe utile usare dei semplici occhiali da sole e possono tornare rapidamente alla loro vita anche all’aperto, tanto più che i dispositivi di protezione non li infastidiscono affatto, come noi adulti siamo portati a pensare: la mascherina per loro da un lato è una specie di gioco, dall’altro tendono a dimenticarsene rapidamente, presi dalle loro attività”.
“Per adulti e bambini sarebbe molto utile abituarsi gradualmente a stare all’aria aperta percorrendo piccoli tragitti da e verso casa – conclude – una sorta di ‘riabilitazione’ che al massimo dopo due o tre settimane, permetterà di essere pronti ad affrontare una vacanza al mare o in montagna”.
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