Se Atene piange, Sparta non ride. Nella galassia dei cinquestelle di recente si sono ingenerati alcuni meccanismi molto contorti, perché se da una parte l’ortodossia grillina ha fissato nel tempo alcune regole ferree, dall’altra c’è da fare i conti con l’elasticità e la diplomazia necessarie nell’arte del governare. Nel passaggio dalla contestazione feroce alla gestione delle amministrazioni pubbliche, il Movimento cinquestelle sta mostrando il lato peggiore, quello che molti elettori temevano alla vigilia di questo agognato salto di qualità. Coloro i quali riconoscevano al Movimento una spinta propulsiva ineccepibile e una compattezza da fare invidia, ma allo stesso tempo insinuavano dubbi sulle qualità e le competenze necessarie per governare, non avevano tutti i torti. Come diceva Sherlock Holmes tre indizi in un’indagine costituiscono una prova, nel caso dei grillini abbiamo abbondantemente superato il tetto massimo consentito. Le contraddizioni e i limiti palesati da Virginia Raggi alla guida dell’amministrazione capitolina, le inchieste che hanno sfiorato diversi esponenti nazionali violando un tabù sacro, le negligenze affiorate in diversi governi del litorale, Pomezia (con commissariamento in atto) e Nettuno in primis, confermano in pieno il teorema holmesiano. Mettendo nel mirino i Comuni a noi più vicini, non può passare inosservata la deflagrazione dell’amministrazione nettunese, nata nel 2016 sotto i migliori auspici, e gradualmente decaduta all’insegna di lotte fratricide degne della migliore tradizione della Prima Repubblica. Solo che al contrario dei navigati condottieri del vascello politico del primo dopoguerra, gli attuali amministratori pentastellati assomigliano ad alcuni stralunati partecipanti de La Corrida targata Corrado. L’unica cosa che accomuna queste due classi politiche è la dose letale di veleno che traspare in ogni dichiarazione e in ogni atto amministrativo. Per quanto concerne il capitolo Nettuno, va detto che al momento avere una visione lucida e razionale della vicenda equivale alle possibilità di centrare il 6 al Superenalotto. L’unica operazione che si può provare a effettuare è quella di non fermarsi alle apparenze e di andare oltre la superficie dei fatti registratisi di recente. Lo sport preferito dall’opinione pubblica è stato quello di puntare l’indice contro gli assessori uscenti, rei di aver messo in cima ai pensieri l’assalto alle poltrone della vicina Anzio. Di sicuro non sono un mistero le velleità mostrate dall’assessore Guido Fiorillo in ottica nazionale, la sua candidatura al Parlamento ne è stata la conferma, al pari delle ambizioni di Stefano Pompozzi in vista delle amministrative di Anzio. Sarebbe però riduttivo e fuorviante additare gli assessori uscenti come la radice del male oscuro che ha affossato l’amministrazione nettunese. In primis perché le legittime ambizioni non possono costituire un reato, in secondo luogo perché ci troviamo al cospetto di ottimi professionisti che hanno svolto un lavoro eccellente sotto alcuni profili. In realtà la guida della città, ovvero il sindaco Angelo Casto, avrebbe dovuto dedicare più energie e tempo alla causa pubblica, evitando di delegare i compiti come ha fatto. Nello stesso tempo andrebbero spiegate le sue epurazioni di massa senza mai aver addotto sufficienti motivazioni: il presidente della Poseidon Gianluca Cesarini, che pure era riuscito a svolgere un discreto lavoro, l’assessore al Bilancio Giuseppe Aquino, l’assessore alla Pubblica istruzione Alessandra Biondi, tutti liquidati con la stessa formula. Il primo cittadino, succube della personalità dirompente del vice sindaco Daniele Mancini, non è riuscito più a tenere testa a un gruppo molto coeso e attivo sul piano lavorativo e inevitabilmente dopo le elezioni regionali sono esplose tutte le tensioni accumulate nei mesi precedenti. A questo punto il clima è da resa dei conti e sarà impresa ardua riuscire a tenere in piedi la giunta, il sindaco dovrà svolgere un abile lavoro diplomatico per rimettere insieme tutti i pezzi di un puzzle sempre più intricato. In ogni caso l’esperienza di alcune amministrazioni targate cinquestelle insegna che il Movimento ha sicuramente appeal e idee talvolta accattivanti, ma allo stesso tempo non ha ancora quella capacità di analisi della realtà e di programmazione politica, doverosa per chi intende amministrare la res publica. L’ortodossia grillina costruita all’insegna di una presunta onestà si è spesso scontrata sul piano pratico con le scarse competenze di molti esponenti, che hanno dimostrato le inevitabili e in parte giustificabili lacune di chi si approccia per la prima volta alla prova del saper guidare la macchina pubblica. Rimaniamo fiduciosi in attesa di smentite, anche perché una rinnovata e più proficua azione del Movimento sarebbe linfa vitale anche per il prossimo governo nazionale, ancora alla ricerca di una coalizione efficace che possa rilanciare l’economia nazionale.
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