XVII GIOCHI OLIMPICI – ROMA 1960 – IL DOVERE COMPIUTO(37°)– ATLETI ITALIANI PARTECIPANTI – ATLETICA LEGGERA – UOMINI (4°)
INTERVISTA A PINO BOMMARITO TRATTA DAL “GIORNALE DI CINISI” IN OCCASIONE DEL “CINQUANTESIMO” (2010)
Sono passati cinquanta anni dalle XVII Olimpiadi di Roma, le ultime trasmesse in bianco e nero, prima dell’avvento dall’era del technicolor del business di Tokio, di Città del Messico e di Monaco 1972.
Nell’edizione del 1960, Giuseppe Bommarito da Terrasini, si confrontò contro i mostri sacri dell’epoca. Sfidò lo statunitense Otis Davis, il tedesco Carl Kaufmann e il sudafricano Malcolm Spence. Un evento, che ancora oggi suscita stupore, perché un normale assicuratore della Generali fu proiettato nei quarti di finale dei quattrocento metri, contro la “leggenda nera” Otis Davis, colui che nell’arco della stessa edizione delle Olimpiadi riuscì a vincere due ori e stabilire tre record mondiali.
“Quelle di Roma, come ho dichiarato più volte, sono state le ultime vere olimpiadi. Prima dell’avvento degli sponsor, del doping e degli interessi commerciali”.
Come ha avuto inizio la sua carriera di atleta?
“Ebbe inizio alle scuole medie di Cinisi. Lì nacque la passione per l’atletica leggera. All’inizio degli anni cinquanta entrai a far parte della squadra delle Assicurazioni Generali di Palermo, che mi dettero le strutture dove allenarmi e un posto di lavoro per poter vivere”.
Qual è stato il suo percorso agonistico?
“La mia ascesa verso Roma ha avuto inizio a metà degli anni 50. La vittoria dei giochi studenteschi di Reggio Calabria è stata la tappa fondamentale, poi la nazionale, il record italiano sui 400 metri, non omologato perchè Lanzi, aveva realizzato un tempo migliore, però su una pista di 500 metri. Tanti sacrifici, allenamenti e quel 47,1″ realizzato a Siena contro la Jugoslavia, che mi dette la possibilità di qualificarmi per le Olimpiadi di Roma”.
Quanti ricordi avrà nel cassetto…
“Non ho mai vissuto di ricordi, anzi al contrario, ho vissuto tutto al massimo, ho sfruttato tutte le occasioni avute. Sono stato inviato in Iran nel 1958, ho partecipato a tutti i meeting più importanti d’Europa, vincendo a Malmoe e a Zurigo. L’apoteosi nel giugno 1960, nell’incontro internazionale pre-olimpico contro la Norvegia ho vinto i 400 metri nello stadio Olimpico di Oslo, tempio sacro dell’atletica leggera”.
E venne quel giorno…
“Il 3 settembre 1960, nella batteria dei 400 metri, corsi fianco a fianco a Otis Davis, dal quale a fine gara ricevetti i complimenti, perché per superarmi dovette stabilire il nuovo record mondiale, col tempo di 45,9″. La più grande soddisfazione di quella Olimpiade l’ho avuta invece con la staffetta 4×400, con la quale nel 1958 avevo già stabilito il record italiano con il tempo di 3’17″30. Ero il primo frazionista, il più veloce, l’atleta che doveva correre il più possibile dopo lo start. E così fu, grazie alla spinta dello stadio Olimpico di Roma arrivai per primo al traguardo, col tempo manuale di 46,5″, consegnai il testimone al mio compagno Nereo Fossati, ma alla fine arrivammo quarti”.
Dopo le Olimpiadi di Roma?
“La mia carriera sportiva ebbe fine a Tunisi. Nel 1964 in una gara notturna mi strappai la coscia sinistra, senza quell’infortunio sicuramente avrei fatto parte della spedizione olimpica di Tokio. Entrai a far parte dello staff degli allenatori della Telestar di Palermo. Poi ho vinto un concorso alla Regione Siciliana, mi sono occupato di politica sia a Palermo, che a Terrasini dove tuttora vivo”.
Secondo Lei cosa ha trasformato l’atletica?
“I materiali innanzitutto. Gareggiavamo su piste di atletica in terra battuta, solo alla fine della mia carriera sportiva ho calzato il primo paio di scarpe Puma. Nella mia vita non ho mai fatto uso di sostanze alternative..
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