Gabriele Vianello ha 81 anni, è ancora un personaggio amato e riconosciuto a Venezia, vanta una carriera in serie A con Reyer, Bologna, Varese, Milano e ancora Reyer, mai sotto la doppia cifra nei punti segnati. Fermato un anno nel casus belli del suo trasferimento all’Olimpia perché la cosa non era piaciuta al patron varesino Borghi. Rappresentante per la Simmenthal mentre vinceva la Coppa Campioni con “Riminucci, Iellini, Vittori, Masini, Skip Thoren come straniero e Bill Bradley come americano di Coppa: uno squadrone” come riferisce a Daniele Rea del Corriere del Veneto.
Varese. A Varese sono stato tre anni, abbiamo vinto il titolo nel 1961 e sono stato il miglior realizzatore della squadra, dove giocava anche Tonino Zorzi. Una bella squadra, mi pare che ne abbiamo persa solo una in campionato.
Milano. Cinque anni a Milano dove abbiamo vinto quattro scudetti e la Coppa dei Campioni nel 1966. La prima per una squadra italiana. Non c’era il professionismo e neppure i contratti di adesso, se è questo che vuol sapere… C’era un solo americano in campionato e uno straniero di Coppa, stop. Gli altri lavoravano o studiavano.
Ricordi della finale di Coppa. Tantissimi, tutti emozionanti: c’erano ottomila spettatori, tantissimi per l’epoca. Una vittoria spettacolare, il taglio della retina, il rientro a Milano con la coppa…
Con Bill Bradley, la coppia micidiale di esterni. Beh, più lui che io forse, da Bill ho imparato tantissime cose. Siamo diventati amici, veniva spesso a Venezia a trovarmi. Una classe superiore, grande intelligenza. Basta vedere cosa ha fatto poi, finito di giocare.
40 punti segnati al Real Madrid in Coppa, 20 in finale. Avevo un bel tiro in sospensione, mancino, difficilmente marcabile. E non c’era il tiro da tre… Ma ho avuto la fortuna di giocare in squadre molto forti, conta parecchio.
E se Nane Vianello giocasse oggi? E chi può dirlo? Sono quasi due sport diversi, adesso ci sono giocatori con fisici incredibili, una velocità pazzesca… Si tira molto da tre punti, è tutto diverso. Impossibile fare un paragone con i miei tempi.
Rimpianti? Rimpianti? Meglio non averne. Ho smesso di giocare a 34 anni e ho fatto l’insegnante di educazione fisica. E adesso, quando giro per Venezia, la gente mi saluta, mi ferma, si parla tra amici. Essere riconosciuto per aver fatto qualcosa di importante, nella tua città, è il valore più forte da conservare.