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XVII GIOCHI OLIMPICI – ROMA 1960 – IL DOVERE COMPIUTO (293a puntata) PALLACANESTRO

– ANTONIO CALEBOTTA (Spalato, 30 giugno 1930 – Bentivoglio, 23 marzo 2002). A 30 anni, aveva partecipato al Torneo di Pallacanestro, classificandosi quarto, insieme con Mario Alesini, Achille Canna, Alessandro Gamba, Giovanni Gavagnin, Augusto Giomo, Gianfranco Lombardi, Gianfranco Pieri, Alessandro Riminucci, Gianfranco Sardagna, Gabriele Vianello, Paolo Vittori. Antonio “Nino” Calebotta, pivot alto 2,04, famoso per aver segnato 59 punti in una sola paretita nel 1956, è stato Campione d’Italia con la Virtus Bologna ( con cui ha giocato ininterrottamente dal 1953 a 1966 e poi nel 1967/68, sino a conclusione carriera, dopo una parentesi con il Reyer Venezia nel 1966/67) nei Campionati 1954/55 e 1955/56. La maglia della nazionale l’aveva indossata nel 1952 e l’aveva dismessa soltanto nel 1962, dopo aver segnato complessivamente 412 punti, di cui 64 in una sola partita.
UN PO’ DI STORIA (FONTE Repubblica)
Addio Calebotta, nobile gigante, fu il primo due metri della Virtus
Era stato il primo due metri del basket italiano. Pareva quasi irreale, Antonio Calebotta, quando comparve in Sala Borsa negli anni Cinquanta. Raccontarono avesse radici balcaniche e perfino un’ ascendenza illustre, il re d’ Albania. Il gigante nobile è morto ieri, nell’ ospedale di Bentivoglio, a 72 anni: da pochi mesi combatteva contro un tumore, anche se pochi sapevano. A Bentivoglio si faranno pure, domani pomeriggio, i funerali. «Ho perso un amico con l’ a maiuscola», ha mormorato ieri sera Achille Canna, che ci giocò insieme, in una Virtus che vinse due scudetti. E che già, di quella Virtus, ha pianto due compagni, Alesini e Rizzi. Calebotta era arrivato da Milano, ma a Bologna aveva messo radici, non solo sportive. A quei tempi, il professionismo era lontano. Ingaggiato per una Lambretta, Calebotta ottenne anche un impiego dal presidente della Virtus Mezzetti, nella sua azienda di tessuti. Poi conobbe Laura, che sposò, e gli diede tre magnifiche figlie, ed entrò nella ditta del suocero, un deposito di medicinali. Nel ramo farmaceutico ha lavorato fino a poco tempo fa. Non si vedeva più al palazzo, ma in estate era riapparso in Sala Borsa, che fu il tempio delle sue conquiste: chiacchierò di pallacanestro, una sera, con altri vecchi campioni, sul palcoscenico animato da Giorgio Comaschi e Gianfranco Civolani. Classe 1930, altezza 204 centimetri, segno particolare gancio (un Jabbar ante litteram), Nino Calebotta arrivò alla Virtus nel 1953. Fu una campagna acquisti clamorosa: con lui, c’ erano pure Achille Canna e Mario Alesini, che però dovette star fermo un anno, perchè aveva lasciato Varese di sua scelta, senza accordarsi sulla cessione. Il valore della squadra lievitò. Terza il primo anno, la Virtus Minganti vinse poi lo scudetto nel ‘ 55 e nel ‘ 56. Calebotta era il perno di quella squadra cui Vittorio Tracuzzi, un mago della panchina che precorse i tempi della tattica più raffinata, diede un gioco efficace. «Nino era un uomo squadra autentico – ricorda ancora Canna , uno che giocava per gli altri e non per sé. E in spogliatoio una voce calma e forte». Qualche altro scudetto fu, negli anni successivi, disperso per improvvide, sventate sconfitte. Erano campionati in cui le grandi perdevano pochissime partite. Quelle poche, fatali. Se perdeva la Virtus, vinceva Milano, Borletti. Scudetti a parte, Calebotta segnò pure, in città, un altro evento epocale, il passaggio dalla Sala Borsa al palasport di piazza Azzarita, che ospitò, dall’ estate del ‘ 56, una Virtus con lo scudetto sul petto. Calebotta durò fino al ‘ 6768 (con una breve parentesi a Venezia), giocando gli ultimi anni da capitano, sempre meno. Sfiorò appena i derby con la nascente Fortitudo: due in tutto, uno vinto, uno perso.
IL RICORDO DI UN AMICO…
Correva l’anno 1954, e la Virtus a quell’epoca fu una delle prime
squadre a trovare appoggio nell’industria stringendo una profiqua
alleanza con la Societa Minganti. Grazie soprattutto alla Sig.ra
Gilberta Minganti, arrivarono in quell’anno tre nuovi acquisti di nome
Achille Canna dall’Itala Gradisca, Umberto Borghi dalla Virtus Imola e
Antonio Calebotta dal Cus Milano. Calebotta, con i suoi 204 cm,
rappresentava allora la “cima” più alta del basket italiano.
Giocatore longilineo, capace di segnare 68 in una partita ad Hammamet,
arrivò per lui anche la chiamata con la maglia azzurra. Campione
d’Italia con le V-nere nel 1955 e nel 1956, contribuì in maniera
determinante, vista la sua altezza, infatti il coach di allora Tracuzzi
(giocatore-allenatore) impostò il gioco della Virtus proprio su quel
lungo ed i risultati furono immediati.
Nell’anno 1955 Antonio Calebotta concluse la stagione segnando 424
punti, quarto tiratore del torneo e primo delle V-Nere.
Se nel 1955 lo scudetto era arrivato non senza difficoltà, l’anno
successivo invece fu un dominio incontrastato dall’inizio alla fine. Con
l’innesto di Mario Alesini, la Virtus divenne pressochè imbattibile e le
serate alla Sala Borsa passarono sempre in un clima festoso.
In quegli anni iniziava la costruzione del PalaAzzarita.
In quell’anno, l’allenatore giocatore Tracuzzi potè fare più il coach
che il giocatore e grazie ancora all’incontenibile Calebotta la Virtus
inanellò una serie di successi impressionante.
Giocava con una zona 2-3 la Virtus di allora!
Calebotta, durante la partita con il Benelli Pesaro (83-56) segna 59
punti, nuovo record individuale di segnature. Quell’anno, il numero 21
della Virtus Minganti segno complessivamente 399 punti, quinto
realizzatore del torneo.
Dopo i due scudetti, seguirono anni in cui la Virtus rimase una squadra
di altissimo valore ma le vittorie tricolori per Antonio finirono con lo
scudetto del 1956. Un compagno di squadra di Antonio Calebotta, fu quel
Dado Lombardi che tutti noi oggi conosciamo.
Nel 1967 Calebotta fu lasciato libero dalla Virtus e andò ad accasarsi
alla Reyer Noalex di Venezia.
A carriera conclusa, si trasferì a Bologna dove tutti lo conoscevano per
la signorilità che da sempre lo accompagnava. Purtroppo è venuto a
mancare uno Sportivo con la “S” maiuscola ed è questo che dobbiamo
ricordare.
Sperando di avervi fatto cosa gradita vi rinnovo i miei
più cordiali saluti.
M.G.
Ruggero Alcanterini

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Ruggero Alcanterini

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