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XVII GIOCHI OLIMPICI – ROMA 1960 – IL DOVERE COMPIUTO (259a puntata) NUOTO

– PAOLA SAINI (Orta San Giulio, 11 ottobre 1945) A 15 anni ha preso parte ai 100 stile libero, sesta in semifinale con il tempo di 1.05.4, nei 400 stile libero (14° in 5.13.1) e nella staffetta 4×100 m stile libero con Daniela Beneck, Anna Maria Cecchi e Rosanna Contardo , 4ª in batteria con il tempo di 4’31″8, qualificandosi alla finale, concludendo al 7º posto in 4’26″8.
Tesserata per la Società Sportiva Lazio, Paola Saini, figlia di Mario, che fu segretario generale del CONI, promotore dei centri addestramento al nuoto e commissario straordinario della FIN nel 1963 e 1964, è stata la prima grande interprete in Italia del nuoto in una dimensione moderna e internazionale, vincendo titoli e battendo record in tutte le specialità, rana esclusa. La sua carriera, iniziata al centro CONI di Roma e proseguita nella Lazio, fu controllata da István Hunyadfi, tecnico ungherese che fu a capo del nuoto femminile italiano tra il 1957 e il 1964. Spaziò dallo stile libero (100, 200, 400 m) alla farfalla, ai misti e anche al dorso. Vinse e stabilì record a cavallo degli anni Sessanta quanto nessuna italiana, fino all’avvento di Novella Calligaris, aveva fatto. Tra gare individuali e staffette ha stabilito in carriera 47 primati italiani assoluti; è stata la prima italiana ad accedere a una semifinale olimpica, nel corso dei Giochi di Roma, quando aveva soltanto quindici anni. Fu anche nel quartetto della 4×100 m stile libero che nella stessa occasione regalò al nuoto italiano la prima finale olimpica: era naturalmente la numero uno di quella staffetta. L’impresa venne ripetuta nel corso dei Giochi Olimpici di Tokyo, dove le azzurre guadagnarono la finale non senza aver battuto in batteria il primato italiano.
Ebbe probabilmente il momento migliore della carriera tra il 1961 e il 1962. Nell’autunno 1961 sconfisse nel corso del prestigioso Torneo delle Sei nazioni l’olandese Adrie Lasterie, nuotando la distanza dei 100 m stile libero in vasca da 25 m in 1′02,6″. L’anno successivo era in predicato per conquistare agli Europei di Utrecht la prima medaglia internazionale del nuoto femminile nei 100 m stile libero. Finì invece al sesto posto, perdendo l’occasione sportiva della vita. Colpita dalla tragedia di Brema del 1966 nella quale scomparvero amici carissimi e in particolare Sergio De Gregorio, a cui era molto legata, lasciò il nuoto agonistico quello stesso anno.
Ha migliorato sette primati italiani assoluti nei 100 m stile libero, otto nei 200 m stile libero, quattro nei 400 m stile libero, sette nei 100 m farfalla e due nei 400 m misti, tutti in vasca da 50 m, l’unica condizione di gara in cui venivano riconosciuti i primati italiani in quegli anni. Straordinario in particolare l’impatto sul record dei 100 m, che tra il 1960 e il 1962 abbassò da 1′07,7″ a 1′03,5″, il maggior incremento sulla distanza mai fatto registrare da una nuotatrice italiana. Paola ha vinto per tre volte il titolo italiano assoluto estivo nei 100 m stile libero; due volte quello dei 400 m stile libero; tre volte quello dei 100 m farfalla. Negli stessi anni, tra il 1960 e il 1962, ha vinto durante i campionati primaverili italiani anche tre titoli nei 100 m e uno nei 400 m stile libero, uno nei 100 m dorso e nei 100 m farfalla.
Al ritiro dal nuoto si è laureata in scienze biologiche, materia che ha insegnato in Italia e all’estero, avendo vissuto in Turchia e Spagna prima di rientrare in Italia alla fine degli anni Novanta.
Cinquantesimo della tragedia di Brema. Il ricordo di Paola Saini
24 Gennaio 2016 –
“Il tempo, si sa, cura ferite, seleziona ricordi e modifica spesso la realtà degli avvenimenti. Quando però un evento, come quello di un tragico incidente, fa cristallizzare delle immagini fino a quel momento fluide trasformandole in qualcosa di immutabile, allora non si perde più nulla: i ricordi sono tuoi e resteranno con te per sempre. Questo è quanto è accaduto a me con Bruno, Daniela, Sergio, Luciana, Dino, Carmen, Amedeo, Paolo e Nico. Sono passati cinquant’anni e nel frattempo ho vissuto la mia vita e sono, inevitabilmente, invecchiata; loro, invece, sono rimasti gli stessi, proprio quelli che mi sono stati compagni, amici, esempi. Le loro immagini, le loro risate o semplicemente i sorrisi, gli sguardi non sono più cambiati e sono miei, come sono di tutti quelli che hanno goduto della loro presenza in quel breve periodo della loro esistenza. Erano anni in cui lo sport era vissuto come propedeutico alla vita, come un passaggio che avrebbe irrobustito veramente oltre che il fisico anche la mente. Ho avuto il privilegio di viverlo e di condividerlo con loro: impossibile che tutto questo possa essere mai dimenticato”.
Ruggero Alcanterini

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