Genova, 13 aprile 2008 – Nel primo pomeriggio di oggi, Ignazio Fabra ci ha lasciato. L’Uomo che per due volte sfiorò il trionfo d’Olimpia conquistando, con due opinabili sconfitte, la fama dell’Invincibile (in carriera non fu mai atterrato); il lottatore italiano che, unico nella nostra storia, si cinse dell’alloro iridato; il Siciliano che visse nel silenzio in cui madre natura lo aveva imprigionato, viene ora salutato dall’applauso commosso e riconoscente di tutti coloro che lo hanno amato e stimato, non solo nella sua adottata Genova ma in tutto l’universo di chi sa cosa sia la Lotta. Nato a Palermo il 25 aprile del 1930 (avrebbe perciò compiuto 78 anni fra pochi giorni) viene avviato alla pratica della lotta dallo zio Nino Calvaruso che conduce il ragazzo, ricco solo di una numerosa famiglia (nove tra fratelli e sorelle), presso la mitica Accademia Pandolfini affidandolo alle cure del Maestro, quel Vincenzo Scuderi che in seguito avrebbe fondato la Polisportiva che è intitolata al suo nome e che è condotta, con pari passione, dal figlio Elio e del nipote suo omonimo Enzo. Alternando la greco-romana allo stile libero diviene subito protagonista. Vince il suo primo titolo assoluto non ancora ventenne nel 1950 a Pavia, replica l’anno dopo a Cagliari e nello stesso 1951 si afferma ai Giochi del Mediterraneo di Alessandria d’Egitto. Siamo intanto arrivati all’appuntamento olimpico di Helsinki 1952. La sua categoria è quella dei mosca, in cui l’Italia vanta il Campione Olimpico in carica Pietro Lombardi. Il Dt Tecnico della Nazionale Luigi Cardinale punta sul più giovane e schiera Lombardi fra i gallo. Chi in quegli anni segue lo sport con attenzione non può dimenticare la radiocronaca della finale olimpica, quando si affrontano per la medaglia d’oro l’azzurro ed il sovietico Boris Gurovetich. Si alternano al microfono della RAI Vittorio Veltroni e Roberto Bortoluzzi. Fanno vivere da lontano lo sviluppo di un dramma sportivo in cui Ignazio Fabra, in vantaggio, male interpreta un segnale dei suoi tecnici Cardinale e Quaglia, va all’attacco e provoca la reazione dell’avversario che lo pone in ponte e che guadagna quel punto che gli dona la vittoria. Fabra è però ai vertici del mondo. Continua ad essere protagonista in Patria (a fine carriera 10 titoli tricolori, di cui 7 in greco-romana a 3 in libera gareggiando inizialmente per i Vigili del Fuoco Caramanna di Palermo ed a fine carriera per l’Italsider, la casa di tanti lottatori) ed all’estero. Nel 1955, ai Campionati Mondiali di Karlsruhe, batte sei avversari di fila di cui 5 per atterramento e compie un’impresa mai ripetuta dal suoi pur bravi successori in azzurro, quella di conquistare il titolo iridato. Si presenta a Melbourne, nel 1956, come grande favorito. Giunge alla finale contro il russo Nikolai Solovyov in vantaggio di punteggio, ma lo tradisce una distorsione al ginocchio che non lo dissuade dal lanciarsi nella lotta ma che ne decreta l’impossibilità di affermarsi. Per Ignazio Fabra altre due Olimpiadi (quinto a Roma 1960 e quarto a Tokio 1964); ancora due argenti ai Campionati Mondiali nel 1962 (a Toledo, in USA) e nel 1963 ad Helsingborg. Vince nel 1969 a Belgrado l’”Olimpiade dei Silenziosi” ed, incredibilmente, lotta a mano a mano contro la sua impossibilità di comunicare con gli altri e lo fa con metodica applicazione per meglio seguire, quando si dedica all’insegnamento, i suoi allievi, fra cui c’è Giuseppe Bognanni, anche lui siciliano trapiantato nella accogliente Genova e come lui medagliato olimpico. Dalla moglie Francesca Patuano ha avuto i figli Giovanni e Ketty; lo piangono insieme ai nipoti Matteo, Gabriel Elias e Ginevra. Lo ricorda tutto il mondo della lotta internazionale ed italiana i cui sentimenti sono espressi da Matteo Pellicone. “Insieme a Vincenzo Maenza – ricorda il Presidente – Ignazio Fabra è stato il vero simbolo della Lotta a livelli addirittura sublimi. Sul piano tecnico fu un geniale innovatore, esprimendosi sempre con gesti di inimitabile spettacolarità; dal punto di vista tattico il suo unico credo era l’attacco continuo e senza calcoli, sempre battagliero sia che fosse in vantaggio che in svantaggio. E’ stato un Grande, vero interprete moderno di uno Sport che è antico come l’uomo.