Nel ricordare Giampaolo Lenzi, per anni nostra pietra angolare, sino a divenire C.T. della FIDAL, facevo riferimento ai successi conseguiti sul campo con l’AICS ai GIOCHI HAPOEL nel 1966, in Israele. In questi giorni ricorre la “shoah” ed è con nostalgia ed emozione che ricordo quel clima particolare che trovammo dall’ 8 al 10 maggio nel Kibbutz di Givat Haim, dove si celebrava contestualmente il Congresso del CSIT. In quella occasione la nostra delegazione era guidata dal Presidente della Giunta Nazionale, Enrico Guabello e dalla Responsabile della Comunicazione, Vitaliana Carnesecchi (insieme nella foto), oltre al Tesoriere Tita Falchi. In quella circostanza, Vitaliana, ex atleta dell’ASSI Giglio Rosso, compagna di club e coetanea di Margherita Hack, nell’Associazione da due anni, reduce da una lunga importante esperienza internazionale, come rappresentante dell’Unione Donne Italiane in Cina, Germania , Russia, Svizzera, Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, propose ai delegati degli otto paesi partecipanti di svincolare l’antica Organizzazione internazionale di sport e tempo libero dei lavoratori, il CSIT appunto, dallo stereotipo prevalentemente agonistico per proiettarlo con una dimensione nuova nell’area democratica, sulla base di valori incontrovertibili di libertà e giustizia sociale, una via poi intrapresa con successo. Ma perché oggi ho deciso di proporvi il personaggio Vitaliana Carnesecchi? Perchè lei è sopravvissuta alle grandi difficoltà della vita, raccogliendo via via il testimone da altre donne, come Rita Montagnana, Nilde Jotti, Giglia Tedesco Tatò e la stessa Margherita Hack (scomparsa otto anni fa) che hanno fatto la storia dell’associazionismo e della società civile, senza confini geopolitici, culturali, religiosi. Vitaliana Carnesecchi, che è stata anche insegnante , legata da amicizia e reciproca stima con Tina Anselmi, operativa nell’AICS sino ai primi anni novanta, ispirava un importante sentimento di considerazione e rispetto, perché pur ancora attiva e combattiva, era sopravvissuta ai suoi familiari e sola, novantatreenne era divenuta pendolare tra ospedali, cliniche e case di accoglienza, dove sarebbe stato difficile mantenere la propria memoria e la propria identità, se non attraverso testimonianze d’affetto e sostegno morale, prima ancora che materiale, da parte di chi aveva condiviso con lei decenni di comune impegno a favore della collettività attraverso lo sport e la cultura. Vitaliana era la rappresentante ideale di quel milione di italiani novantenni che non devono essere dimenticati, ma semmai straordinariamente sostenuti. Era il 2015 e con mia sorella Paola credevamo a ragione di aver percepito per lei, sofferente come la Hack di difficoltà cardiorespiratorie, il suono liberatorio e stimolante al contempo della campanella, quella che in atletica segnala l’imminente conclusione della gara. Per questo, ritenemmo di doverle dare l’incitazione a non mollare e il sostegno che meritava in quel momento. Per questo, pensammo alla creazione di un Gruppo “Forza Vitaliana”, iniziando un viaggio che avrebbe ripercorso la sua e la nostra storia dal 1922, viaggio che ancora continua. Nel frattempo, lei, come la “stellare” Margherita, ci hanno lasciato eredità esemplari, fatte di memorie indelebili e consolidate nel nostro DNA, a supporto di valori che non possono essere ignorati, anzi devono essere considerati essenziali per una società che ambisce ad essere civile, ispirata agli stessi principi e ideali nello sport, come nella professione, nell’impegno sociale attraverso la scienza, la comunicazione , l’associazionismo …