Ieri, la notizia degli sport virtuali al CIO e nel programma dei Giochi 2024 a Parigi, sparata in prima pagina, mi ha confermato per l’ennesima volta che bisogna avere il coraggio delle proprie idee. Il pensiero è volato al 1997/98, quando con l’indimenticato amico Massimo Di Marzio, fuoriuscito dalla dirigenza CONI e qualche altro “creativo” prendemmo in considerazione l’idea, allora già concreta, di costituire una Federazione degli Sport Virtuali. Le valutazioni erano assolutamente le stesse, con i pro e i contro, di oggi. Allora, noi demmo la precedenza ad ipotesi più tradizionali come quella di rivitalizzare alla radice lo spirito dei giochi di tradizione popolare, dialogando con i reggenti delle pro-loco, garanti di un humus prezioso e salvifico per la cultura del Bel Paese, fatto di medie città e piccoli borghi, in un territorio ancora caratterizzato da antiche motivazioni. Nacquero così la FIST (Federazione Italiana Sport per Tutti) e in particolare la FITES (Federazione Italiana Tecnici dello Sport) quale risposta risolutiva per l’anello mancante nel sistema sportivo, giungendo all’inserimento della figura del Tecnico nel quadro della Riforma Legislativa Sportiva. Diciamo che venti anni fa la risposta ad una tendenza evolutiva con i giochi da playstation era tempestiva e che qualcuno poi ne ha colto anche l’aspetto utilitaristico a sostegno del sistema delle scommesse collegato ad eventi virtuali ( calcio, motociclismo, ciclismo, corse di cani, cavalli al galoppo, cavalli al trotto , automobilismo … ). Sollevare la questione sociale della ludopatia, piuttosto che della dipendenza, sino a sostituire il reale con il virtuale, laddove si lotta contro obesità e diabete infantile per carenza motoria a livello scolastico, sarebbe facile e soprattutto doveroso. Rispetto però alla opportunità olimpica, non posso che riprendere quella vena di perplessità che è emersa con gli inserimenti nel programma dei Giochi estivi a Rio e nella prospettiva a Tokio, ovvero che ci si trovi di fronte a figli e figliastri per agevolare il contatto con i più giovani, ma anche per via di interessi e pressioni che non appaiono assolutamente come virtuali.
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