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IL VERDE, IL ROSSO, L’ ARANCIONE E LE BOCCHE DELLA VERITA’

11 SETTEMBRE 2017
– Credo sia venuto il tempo di porre mano al tema della sopravvivenza, piuttosto che a quello del decoro, di cui sembra non freghi più di tanto al popolo abbrutito dai problemi del quotidiano. Sembrerà paradossale, ma la mancanza di decoro, il degrado, l’inselvatichimento di campagne e città non è altro che il figlio del menefreghismo e dell’incuria. Quella che avvertiamo e che ci angoscia è la palese assenza di una vigilanza preventiva, di un controllo a monte, coordinato da una autorità terza, quella dello Stato inteso come entità garante. La presenza dello Stato si avverte soltanto dopo, a disastro avvenuto, con i soccorsi e l’intervento lentissimo della giustizia. Ora, ecco le prime “alluvioni” , dopo una estate incandescente conclusa simbolicamente con l’ennesimo rogo appiccato dall’ultimo dei piromani alla Pineta dannunziana in quel di Pescara, diciamo in zona cesarini. Infatti, senza por tempo in mezzo, due eventi atmosferici intensi , ma non terribili, hanno subito evidenziato l’altra criticità, quella idrogeologica del nostro territorio abbandonato a Livorno, come a Roma. I fossi e le bocche della verità, ovvero i tombini completamente ostruiti da materiali di ogni genere, sedimentati da anni, in totale assenza di manutenzione, non possono che provocare allagamenti e disastri. La proposta che sorge spontanea è che laddove non siano monitorate le criticità del territorio da parte dei comuni, questo sia fatto dal Ministero dell’Interno e che ai prefetti sia data l’autorità e la responsabilità di intervenire anche con divieti, ripristini, demolizioni, sgomberi preventivi. Dare i colori semaforici al rischio ha un senso soltanto se tutto il sistema è in linea e gli elementi di valutazione non sono falsati da uno stato dell’arte non consono delle strutture e degli insediamenti. Insomma, se è abituale costruire in aree golenali ed alvei di fiumi e torrenti, sulla spiaggia o sulle faglie sismiche, piuttosto che nelle aree vulcaniche, se vedere uno scopino con la scopa a terra, a Roma, è come impattarsi con un panda a Piazza del Popolo, allora pensiamo a cambiare il colore degli allerta e mettiamo direttamente quello verde della gestione ordinaria ahimè tradita e abbandonata, altrimenti, muniamoci di amuleti e facciamo gli scongiuri da fatalisti, tali e quali siamo.
Ruggero Alcanterini

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Ruggero Alcanterini

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