E così, senza che si sia verificato alcun atto di terrorismo, siamo riusciti a registrare il più alto numero di feriti mai capitato in una manifestazione pubblica degli ultimi tempi. Qualcuno ha accostato fatalmente l’evento alla tragedia del 29 maggio 1985 nello Stadio Heysel , quando in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, ci furono 39 morti e seicento feriti. Se non ci sono stati decessi, possiamo dirci molto fortunati, ma a Torino abbiamo rischiato di brutto e comunque almeno millecinquecento persone hanno avuto il battesimo del terrore, perché l’effetto del petardo è stato comunque devastante, tanto quanto quello di una vera bomba. Del resto, i cocci delle bottiglie, rimasti a terra tra scarpe, zaini e sangue, erano altrettante schegge da bomba, quella di nuova formula con combinazione psichica davvero speciale, fatta di superficialità e incoscienza, di adrenalina da tifo calcistico, ma anche di indotto subliminale al panico ed alle sue conseguenze in situazioni di massima concentrazione . Ma perché “il terrore corre sul filo” (titolo di un film di successo nel 1948) che non è quello del rasoio o del telefono, ma quello chirurgico da sutura? Ma perché, diamine, un Paese che non ha scorte di filo negli ospedali (com’è accaduto proprio a Torino ieri) è davvero alla frutta. Anzi, vi posso dire che ho fatto la personale esperienza – a Roma – addirittura con gli aghi, che possono mancare all’occorrenza. Sembra paradossale, ma il “buonismo” nei confronti dei venditori abusivi di bevande in vetro, la visione folcloristica dei petardi abitualmente sparati negli stadi e nelle feste di piazza, l’inadeguatezza dei luoghi dove vengono autorizzate manifestazioni con numeri esagerati di persone, la fragilità dei mezzi di controllo e contenimento e ancora peggio la mancanza di adeguate vie di fuga sono alla base di un rischio assoluto che corriamo ogni volta che si svolge un evento fino a ieri soltanto festa di popolo. Credo che tutti, ma proprio tutti, a cominciare dai cittadini partecipanti, si debba avere un atteggiamento diverso e responsabile e non confidare nella franchigia cabalistica che sinora ci ha preservato dal peggio, oppure l’alternativa è quella della tv per tutti con eventi a porte chiuse e l’ognun per se a casa, davanti al teleschermo.
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