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Attualità

SPORT, SALUTE E SANTITA’ – KAROL WOJTYLA UNO SPORTIVO DIVENUTO PAPA E BEATO – l’editoriale del Direttore

Pensare a Giovanni Paolo II come il Papa che ha segnato in modo determinante la storia dell’umanità nel XX Secolo è fatto scontato, tanto quanto la sua qualità di uomo inteso nella sua completezza, quindi anche come sportivo praticante. Le immagini private testimoniano la sua fisicità, il suo rapporto con tante e diverse discipline, la sua passione per la natura in cui amava immergere il proprio corpo e fondere il proprio spirito, vivendo sino all’ultimo con il piglio del campione, traendo e provocando in un costante confronto con se stesso e il mondo straordinarie emozioni, essenziali per trarre dal profondo gli incrollabili fondamenti, che hanno sempre sostenuto la sua ragione d’essere, operare, decidere.
Giovanni Paolo II, “Santo Subito”, venne beatificato a prescindere dal processo di canonizzazione, perché lui continuava a rappresentare la parte migliore di noi, quella che tutti teorizzano e quasi nessuno realizza, salvo gli eroi ed i santi.
La mostra fotografica “L’Emozione e la Ragione” realizzata a Verona , da cui provengono alcune delle immagini, è il fulcro di una grande attività di approfondimento, una serie articolata di eventi, che è passata per le conferenze internazionali “Etica e Sport nel XXI Secolo” e “Vivere da Campione, sino all’ultimo”, tra il 2010 e il 2011. Alla fine di maggio si sarebbe sviluppata la rassegna nel contesto di Sport Expo, sempre a Verona, quindi a Cracovia, tappa finale della Mostra e infine di nuovo a Verona, nell’ottobre 2012, quando Karol Wojtyla sarebbe stato il grande testimone del XVIII Congresso Europeo del Fair Play con la partecipazione corale dei rappresentanti di ventisette Paesi.
Vi ringrazio, cari atleti, che fate dello sport una ragione di stile di vita, nonché un legittimo motivo di prestigio e di onorevoli affermazioni, In pari tempo, vorrei esortarvi a far si che codeste competizioni sportive siano contraddistinte non solo dalla virtù della lealtà e dalla probità, ma anche da un impegno costante per le conquiste più vere e durature, per le vittorie dello spirito, il quale deve avere sempre il primato nella scala dei valori umani, siano essi agonistici, siano sociali e civili.” Questo uno degli innumerevoli pensieri rivolti agli sportivi da Giovanni Paolo II durante i frequenti incontri dedicati, che hanno caratterizzato il suo Pontificato, ma non è né esemplificativo, né completamente rappresentativo del Personaggio, che a ragione viene definito non tanto e non solo come il Papa degli sportivi, quanto il “Papa Sportivo”.
Infatti, Karol Wojtyla era cresciuto a “pane e sport” nella sua Wadowice, poi a Cracovia , sui Monti Tatra, a Zakopane e nei fiumi, nei campetti di fortuna, temprandosi nel fisico e formandosi nel carattere e nello spirito, praticando lo sport nella sua più ampia accezione, come straordinaria opportunità per misurarsi con se stesso, con gli altri e con la natura, trovando in questi momenti la grazia, la condizione per elevare i valori etici ad un livello pressoché assoluto, probabilmente la via più diretta per sentirsi vicino a Dio. Infatti lui che amava le moltitudini, sentiva anche il bisogno di isolarsi per riflettere e pregare, guadagnandosi la condizione ideale a prezzo dell’ impegno fisico e in virtù del gesto sportivo, prima e dopo la sua ascesa al Trono di Pietro. Oltre alle sue “gite” ufficiali sulla Marmolada e all’Adamello con il Presidente, Sandro Pertini, stando alle informazioni, ai racconti e alle confidenze, Karol e Giovanni Paolo II hanno convissuto in un “Campione” dalla polivalenza straordinaria, posto che già vescovo e poi cardinale non si era mai privato della sua fisicità, sciando, nuotando, pagaiando, correndo, giocando il calcio e la pallavolo, pedalando e inerpicandosi su percorsi non privi di pericolo e difficoltà.
Una volta Papa, Karol non perse mai le sue abitudini, semplicemente le conciliò con il suo nuovo status e quindi, affrontando divertito il conformismo e la preoccupazione della corte e della sicurezza vaticana, spesso sfuggendo ai controlli vestito da semplice prete e senza scorta, per andare a sciare nei dintorni di Roma, sulle piste di Campo Staffi o a Monte Livata, in fila agli skilift come uno qualsiasi, salvo essere riconosciuto, perché fermo nella preghiera a metà discesa.
Il Cardinale, Monsignor Stanislao Dziwisz, oggi Arcivescovo di Cracovia e per 39 anni a fianco di Giovanni Paolo II nella qualità di Segretario, ci ha raccontato che il più importante ricordo d’infanzia che serbava Karol Wojtyla era legato allo sport e all’immagine di se stesso su un campo di calcio, nel ruolo di portiere, cui il fratello maggiore lo aveva indirizzato. Sempre nell’incontro di Verona, nel 2010, il Cardinale Dziwisz ci aveva confermato che Giovanni Paolo II, dopo aver aperto la via tra Pisoniano e il Santuario della Mentorella, con seicento metri di dislivello (Via oggi a lui intitolata come “Sentiero Karol Wojtyla” e percorsa da escursionisti esperti) quando ancora era cardinale, aveva poi continuato a frequentare in incognito il grande e suggestivo altipiano dei Monti Prenestini, tra il Monte Guadagnolo e Capranica Prenestina, naturalmente all’insaputa di tutti e spesso degli stessi Padri Resurrezionisti Polacchi, custodi del Santuario “costantiniano”, più antico d’Italia. Il Monastero amato da Wojtyla fu fondato da Papa S. Silvestro I nel V Secolo, per onorare la memoria di S.Eustachio, che secondo la leggenda aveva inseguito un cervo albino dalla Villa dei Pisoni alla rupe della Mentorella, ove il nobile animale si rivelò Dio e il generale romano Placido si convertì appunto con il nome cristiano di Eustachio. Per quello che sappiamo, Karol come altri illustri educatori riteneva lo sport il mezzo principe per dialogare e condividere esperienze fondamentali con i giovani, creando anche in Vaticano nell’agosto 2004 il Dipartimento dello Sport, con lo scopo di promuoverlo come parte inscindibile della cultura. Lui aveva avuto modo di tirare anche con l’arco e giocare a bocce. Sempre il Cardinale Dziwisz ci confidava che Karol era un grande appassionato di calcio e seguiva con grande interesse il Campionato Italiano, al punto di chiedere notizia dei risultati, anche quando si trovava all’estero.
In conclusione, se le immagini originali ed esclusive – provenienti dagli effetti personali di Karol Wojtyla – testimoniano la sua grande fisicità, le foto successive al grave attentato subito in Piazza S. Pietro il 13 maggio del 1981, testimoniano progressivamente una decadenza aggravata da quel trauma che non lo avrebbe mai abbandonato, ma che lui continuò ad affrontare con determinazione e serenità “fino all’ultimo” da Campione insuperabile quale era.

Ruggero Alcanterini

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