Splendida recensione USA per “…and you will call it faith” di Marco Tullio Barboni. Dopo l’inaspettato successo all’interno dell’American Book Festival per la versione americana di “…e lo chiamerai destino” di Marco Tullio Barboni (Edizioni Kappa), dove il volume è arrivato in finale da vero outsider con il titolo di “…and you will call it faith”, il medesimo libro ha conquistato una ampia visibilità anche al 27th Annual Writer’s Digest Book Awards, alla cui giuria si deve la seguente lusinghiera recensione:
“Ricorda il formato di una sceneggiatura senza la scena, il che funziona bene per come la storia viene raccontata. Il ritmo rimane costante per tutta la storia. Non ci sono momenti di alti e bassi;comunque ci sono degli attimi di energia. La storia è in ordine cronologico,rendendola facile da leggere. Viene fatto uso di una lingua straniera, che non èuna cosa cattiva ma fa fermare il lettore per capire cosa sta dicendo il personaggio (attraverso le note a piè di pagina).
Certe volte la possibilità di seguire il il discorso tra Felix e Oscar sulla vita di George si impasta con un dibattito trai due per decidere chi ha torto o ragione. Infatti, Felix lo spiega perfettamente a pag.188, sesto paragrafo ““Bythe way, we’d better get back on the chronological track. Because,each time we start up again, the events get all mixed up: one piled on top of the other.”Questo è come il lettore si sente in certe parti della storia.
(…) La storia in generale è un’idea unica, mi ha ricordato delle storie di Platone su Socrate, o almeno come i filosofi portavano all’attenzione le loro idee, solo che questo viene fatto in una maniera più semplice in modo che il pubblico capisca meglio.Non c’è un chiaro antagonista o protagonista,che funziona bene per la trama. Non c’è un vero sviluppo del personaggio, dato che sembra più un dibattito su chi (il conscio o l’inconscio) ha ragione o torto, o almeno chi è il responsabile della situazione attuale di George.
La storia finisce senza una soluzione chiara sulla relazione tra subconscio e conscio, ma lascia il lettore a credere che George si è svegliato e che il conscio ha imparato qualcosa dal subconscio. Se questo ha un’influenza sulla vita di George non si sa.Le cose migliori del libro sono la trama e l’idea in sè. Una discussione fra subconscio e conscio su chi ha ragione e chi ha torto. Il gioco sulla psicologia and alcune delle ideologie dei maestri sono fatti in un modo unico e interessante. Il setting è ben pensato, dato che è solo una panchina con Felice e Oscar. Nel complesso, l’autore è chiaramente sceso nei minuscoli dettagli per raccontare la storia nel mondo giusto”.
Inoltre, per la struttura e l’organizzazione, su un range di 5 punti, il volume del Barboni ne ha conquistati ben 4, così come per la grammatica e lo spelling, e per lo sviluppo del personaggio e lo stile di scrittura. Votazione massima, infine, per la trama e l’appeal generale del romanzo che, lo ricordiamo, è stato un esordio letterario.
Marco Tullio Barboni senza ombra di dubbio puo’ vantare una vita professionale interessante. Da sceneggiatore e regista affermato, è approdato con successo negli ultimi anni alla Letteratura, vincendo numerosi riconoscimenti di settore, che hanno premiato il suo stile dialogico di esperto soggettista con tutta l’ esperienza del professionista di cinema e dell’ uomo dalla profonda cultura. Dotato di una brillante fantasia che ha interiorizzato memorie ed esperienze come quelle di comparsa sui set da bambino, Marco Tullio successivamente, di molti film da lui scritti, ha seguito tutte le fasi, dall’ideazione all’edizione. Ha viaggiato in mezzo mondo per la sua professione e da queste esperienze formative ed indimenticabili, le curiosità dell’uomo e dello scrittore hanno iniziato ad incamerare sentimenti e passioni, fino a partorire la sua prima opera letteraria che già nel D.N.A. contiene i geni di un vincente. Del padre, il mitico Enzo Barboni conosciuto come E.B. Clucher (ricordato da tutti come il regista di Lo chiamavano Trinità e dei film saga della celebre coppia Spencer/Hill) , eccezionale e bravissimo operatore alla macchina prima, direttore della fotografia poi ed infine sceneggiatore e regista, dichiara: “E’ stato una persona unica e straordinaria”. Avendo collaborato con lui per un quarto di secolo, questo figlio d’Arte ha imparato moltissimo, ma ha poi trovato la sua strada, che è stato il mondo degli sceneggiatori, Passato anche per la regia (ricordiamo il suo cortometaggio più celebre: Il grande forse, con Philippe Leroy come protagonista), Marco Tullio Barboni si dichiara convinto di aver trovato un altra dimensione professionale : quella di scrittore.
I successi americani fanno ben sperare.
Scrittore da attenzionare: il prossimo anno uscirà il suo terzo libro.
Lisa Bernardini
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