Lavorare in silenzio senza il piglio del protagonista, senza l’io, ma con il noi, questa la regola ferrea di Marco Martini, missionario della cultura atletica, animato dalla volontà di rendere merito e giustizia storica a chi da decenni era rimasto nascosto nell’oblio polveroso delle biblioteche , sopravvissuto tra le pagine ingiallite di vecchi ritagli , sepolto vivo dal sistema sportivo italico, che marcia da sempre festeggiando il presente, dimentico della indispensabile combinazione “passato-futuro” e quindi purtroppo tragicamente incompleto. Sì, con la scomparsa di Marco Martini, avvenuta nella solitudine con cui temprava il suo carattere e connotava le sue opere, si incrina la lastra alabastrina su cui lui aveva via via scolpito i risultati di una certosina ricerca, ai limiti dell’impossibile. Per capire il personaggio, che meriterebbe l’intestazione di una sezione del virtuale museo dell’atletica leggera italiana, tessera essenziale di un nostro ipotetico museo nazionale dello sport , bisogna leggere la sua nota introduttiva al volume “STORIA DELL’ATLETICA LEGGERA ITALIANA MASCHILE”. Sì, bisogna, anzi si debbono rileggere quelle due pagine, precedute dalla essenziale “presentazione” del suo mentore, Augusto Frasca, che sono esemplificative di una sorta di eroismo intellettuale, che va ben oltre l’onestà. Lui stesso cita fatti e persone, che hanno contribuito – per quello che è stato possibile – al recupero ed alla salvezza di elementi fondamentali per la ricostruzione del nostro DNA, per dare un senso compiuto alla storia di una attività dalle straordinarie funzioni sociali, che ha generato campioni capaci di incidere in modo indelebile nell’immaginario collettivo, ma anche migliaia di altri personaggi, comunque straordinariamente importanti nella costruzione del nostro complesso edificio associativo. Marco ne rimarrà una delle fondamentali pietre angolari. Forse il modo migliore per onorarlo sarà proprio quello di non dimenticarlo. Forse, dare vita ad un fondo documentario e di memorabilia dell’atletica in sua memoria potrebbe essere un modo per raccogliere il suo messaggio ed il suo insegnamento, quello di un uomo silente e solitario, che quando scriveva non lo faceva mai in prima persona, ma lo contestualizzava nella collettività, in cui teneva a riconoscersi, adoperando il noi.
Ruggero Alcanterini
(Direttore responsabile de L’Eco del Litorale)
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